lunedì 19 maggio 2014

Adoro le cose semplici

Adoro le cose semplici…
La confortante apatia di certe domeniche mattina in cui il profumo di caffè si arrampica su quei primi raggi di sole che prepotentemente bucano la persiana.
Le lunghe e solitarie passeggiate sulla spiaggia nelle tiepide giornate invernali.
Quegli odori tipici che sa regalarti solo la campagna dopo la pioggia, i primi fiori di primavera, le nubi cumuliformi, il lato illuminato di ogni luna, la sinergia dei fiumi di seta, l’arcana magia del vagare senza meta.
Le persone trasparenti con cui non serve attingere da chissà quale decalogo della malizia per tradurle, con cui puoi essere te stesso.
Quegli esseri che non hanno la fobia del tempo ma piuttosto il dono di rallentarlo, il dono di saper riempire di infinito certi attimi rubati all’eternità.
La profondità delle parole non dette.
Le mille sfumature di colore di un sorriso spontaneo, quando a volte basta solo quello per indirizzare certe giornate altrimenti destinate alla follia.
Quella strana alchimia che si instaura fra due anime quando, fregandosene del sottile strato di pelle che le separa, riescono ad abbracciarsi per osmosi.

Adoro le cose semplici.
E non perché, come diceva Dorian Gray, sono l’ultimo rifugio degli spiriti complessi.

venerdì 21 marzo 2014

La scuola è d’obbligo, l’ignoranza è facoltativa.

Ancora una volta è quasi tempo di dichiarazione dei redditi, quell’assurda prassi con cui siamo obbligati a “giustificare” allo stato come riusciamo a sopravvivere.
Ma fra chi ha ancora la fortuna di avere qualcosa da dichiarare solo in pochi fanno caso all’8x1000, e ancor meno quelli che effettuano una reale scelta.
Vediamo allora di capire che cosa è e come funziona.
Con l’8x1000 scegliamo di destinare quell’ipotetica piccola parte delle nostre tasse a qualcuno; Lo Stato. La Chiesa Cattolica. La Chiesa Valdese. L’unione delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno. Le assemblee di Dio. L’unione delle comunità Ebraiche. La Chiesa Evangelica Luterana. L’unione Cristiana Evangelica Battista. La Sacra arcidiocesi ortodossa. La Chiesa apostolica.

Poco più del 30% degli italiani sceglie specificatamente la chiesa cattolica, il 4% allo stato e solo l’1% al resto della comitiva, col risultato che quasi il 65% degli italiani non effettua nessuna scelta…
Ed è qui che parte il meccanismo truffa, infatti quel 65% viene poi ripartito in base alle percentuali delle preferenze espresse col risultato che la chiesa si pappa ben oltre il 90% della torta, roba che solo per il 2012 parliamo di qualcosa come 1.148.076.594,08, cifra sempre in aumento perché legata al gettito Irpef.
Finisce qui? Ma manco per idea, quel 4% e circa che lo stato riceve e dovrebbe devolvere a favore di interventi umanitari e calamità naturali, viene invece destinato alla salvaguardia e al recupero dei beni culturali, ma, guarda caso… quei beni culturali sono sempre e solo di esclusiva proprietà della chiesa, qualcuno ha detto Teocrazia ??
Cerchiamo invece di capire cosa ne fa la chiesa di tutti quei soldi:
La favola narra che vanno ai vari Don Prosperino che li userà per dare un pasto caldo agli indigenti, comprerà magari un bel paio di scarpe a quel tal bambino con la madre sola e disoccupata, cose così……
Già, la favola però, perché la realtà è ben diversa.
La realtà ci dice che nel 2012 di quella torta 125 milioni di euro sono stati investiti per la costruzione di nuove chiese (e qui c’è poco da crederci visto quanto costa la narcisistica pomposità delle domus dei, ad essere ottimisti ne farai una ma non di più), 360 milioni per lo stipendio dei preti, quasi quasi non direi che 85 milioni di dollari sono andati a titolo di risarcimento per gli abusi sessuali negli USA. Vabbè, e il resto? Mistero…
Così come è un mistero il fatto che la chiesa detenga qualcosa come il 30,2% delle riserve auree mondiali, vogliamo trasformare in numeri quella percentuale?
Presto fatto, 60.350 tonnellate per un controvalore in dollari che si aggira intorno ai 1.245 miliardi, e con questa forza hai voglia a controllare i mercati
La chiesa possiede oltre il 22% del patrimonio immobiliare italiano, basti pensare che nella sola capitale è padrona di quasi 600 palazzi, 50 monasteri, ben oltre 500 chiese e 400 immobili fra ospizi, case di riposo, scuole, cliniche private, mentre il numero degli appartamenti è assolutamente non stimabile, e solo ed esclusivamente perché tutti questi beni sono intestati a centinaia di enti ed entità diverse, ma comunque tutti riconducibili alla Vaticano SPA per cui ovviamente non ci ha mai pagato mezza lira di tasse.
E’ poi grottesco che abbia un Papa che se da un lato propone 3 giorni di digiuno per la pace in Siria mentre predica la povertà, dall’altro omette di dire che controlla il 48% delle azioni della Beretta SPA, e non stiamo parlando di salumi ma di uno dei più grossi produttori di armi al mondo.
Troppo complicato e dispersivo sarebbe poi il voler parlare della “Operazione Sofia”, quel progetto della chiesa di creare un grande centro di potere all’interno di stati e istituzioni pubbliche e private così come testimoniato dal procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo.
Troppo complicato e dispersivo far capire che quel miliarduccio non è la sola rendita “passiva” della chiesa, se aggiungiamo tutto il resto arriviamo tranquillamente a 6,5 miliardi l’anno, troppo complicato comprendere cosa ci si potrebbe fare con quella cifra di questi tempi?
Mi sa di si, e allora lasciamo che dei padri di famiglia continuino ad ammazzarsi per la disperazione, che chissà quanti bambini muoiano di fame e di stenti, quel che conta è che Santa Romana Chiesa seguiti ad arricchirsi sulle nostre disgrazie in nome di un dio venduto a caro prezzo.
Credo che sarebbe il caso di rifletterci e alla riflessione aggiungerei anche qualche altro costo “attivo”, solo qualche voce tanto per dare un’idea:
Ogni qualvolta il Papa decida di spostarsi lo fa a carico nostro, cerchiamo di immaginare quanti agenti delle forze dell’ordine sono impiegati ogni volta (e io pago…).
Decide di spostarsi per Roma in tram? Bene, ma ciò mi distoglie dal fatto che qualche giorno dopo per andare in Argentina occupa due aerei (e io pago…), decide di spostarsi dal Vaticano a Castel Gandolfo a far pipì? Cazzi suoi, peccato che lo faccia con un elicottero del 31° stormo adibito al solo uso esclusivo della “Santa Sede”, quel che mi da da pensare è, perché un’aeromobile di nuova concezione debba essere sostituito ogni 2 anni? Perché io contribuente debba spendere quasi 40 milioni per comprare un giocattolo al capo di uno stato estero? Ma soprattutto… perché il contratto di acquisto di quel giocattolo debba essere segretato (delibera n.12/2012/G) ?? (e io pago…)
La chiesa è per la pace nel mondo ma intanto i cappellani militari mi costano 18 milioni l’anno, ma mi si spieghi almeno a che mi servono… posso solo pensare che vada ancora di moda quel vecchio adagio “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i propri”, e quelli nella Polizia di Stato? Solo 6 milioni… altri 8 per quelli nelle carceri e 35 per quelli negli ospedali (e io pago…).
La chiesa predica uguaglianza e libertà ma intanto ci impone a forza l’ora di religione pur di indottrinarci, e poi non dovrei incazzarmi se sono le curie a scegliere gli insegnanti fra sti quattro buffoni che non hanno nessuna voglia di trovarsi un lavoro vero, e non dovrei nemmeno incazzarmi se sta farsa mi costa 1 miliardo e 250 milioni l’anno?
Nel Frattempo lo stato mi taglia sempre più fondi alla scuola pubblica e aumenta i 400 milioni annui di contributo per le scuole ad orientamento cattolico (e io pago…).

Se sono contro la chiesa? Semplicemente ritengo che sia un cancro da estirpare a forza e a qualsiasi costo.

lunedì 3 marzo 2014

Sogno di un palpito mai nato

Adoro guardarti mentre dormi, in genere sei il concentrato di tutto quello che di buono c’è al mondo ma così mostri la parte più pura di te, come se distrattamente lasciassi aperto quello sportello della credenza dove si tenevano le cose proibite, tipo la nutella o le caramelle gommose.
E quanto sei bella, mi basta osservarti per capire dove vanno a finire tutte quelle stelle cadenti con il loro carico di desideri.
Ti respiro a pieni polmoni, mi inebrio di te, che poi non ho mai capito come il tuo shampoo abbia tutto un altro odore dentro la bottiglietta, usandolo lo mescoli con i tuoi pensieri, sarà questo il segreto?
Poi ad un tratto, come se percepissi il mio sguardo, fai uno sforzo immane e con mezzo occhio aperto mi chiedi;
- Perché non dormi?
- Si che dormo, sto sognando addirittura…
- Uffa, ma che hai?
- Paura di svegliarmi anima mia, tutto qui.
Eccoti qua, tanti anni persi a cercarti e sei sempre stata qui, a metà strada fra un sorriso e un mal di pancia.
Era da tanto che non sentivo più il cuore battere, riflettendoci probabilmente non lo avevo mai sentito, non così comunque, a volte mi fa quasi paura pensa un po’.
Forse mi ero fin troppo abituato a quella assurda apatia dello stagno o forse dopo tanti dolori mi ci ero rifugiato per legittima difesa, però ci stavo bene, vallo a capire, quel che è certo è che di tutto mi sarei aspettato tranne che una vera principessa capitasse da quelle parti.
Ora quasi esito a mostrarmi alla gente, temo che questa mia infinita felicità mi si possa leggere in viso e apparire ridicolo ai loro occhi, del resto quello sguardo da duro altro non era che un ponte levatoio, ma quanto ci stavo male… a volte mi capitava di svegliarmi in piena notte e non riuscire più a riprendere sonno, sentivo come se un’angoscia pesantissima avesse preso il posto delle coperte, solo che al contrario di loro questa non riuscivo proprio a levarmela di dosso, l’unica sarebbe stata lasciare lì il corpo e fuggire, fra quelle lenzuola mal frequentate la sera e disabitate il mattino dopo.
Adesso ho capito che quell’angoscia era solo il frastuono che proveniva dal ripostiglio dell’anima, quel sottoscala dove ci ficchi le cose che non usi più, io lì ci avevo messo tutti i miei sentimenti più puri, tutte quelle parole che non avrei mai più pronunciato, gesti e sguardi che non sentivo più miei, li avevo gettati lì alla spiccia e nella fretta di disfarmene mi ero scordato di ammazzarli, magari mi illudevo che così facendo in qualche modo li avrei annichiliti, invece no, tutta quella roba la dentro era stranamente viva e scalpitava per uscire, ma anche volendo avrei dovuto prima ricordare dove avevo messo la chiave, ora non so come la ritrovo in mano tua.
Credo che in tutto questo ho fatto il solo errore di chiudere quella porta, più o meno come quando sbagli il primo bottone della camicia, tutto il resto poi è solo una valanga di effetti collaterali.
Poi all’improvviso sei arrivata tu a sistemarmi vita e camicia, mi sei finita nel cuore proprio quando non riuscivo più a fare a pugni con quella lacrima, sei arrivata con i tuoi colori e hai ridipinto questo mio mondo ormai sbiadito.
E questa volta non si tratta della solita scialba cottarella, quell’intrigato complesso di effimere reazioni chimiche da imputare a ferormoni, testosterone e compagnia bella.
Mi sa che ti amo davvero, ti amo perché sto bene con te ma anche con me stesso.
Ti amo perché con te non c’è nulla che non farei, nulla di cui non parlerei.
Ti amo quando cerchi protezione fra le mie braccia, quando apri le tue per darne a me.
Ti amo perché conosci gli anfratti più tetri della mia anima e li accetti.
Ti amo perché con te riderei di qualsiasi cosa per un’intera settimana e sarebbe la cosa più normale al mondo.
Ti amo perché quando ti metti in ghingheri sei stupenda, ma la mattina appena sveglia lo sei ancor di più.
Ti amo perché hai un modo tutto tuo di trasformare in sorriso quel broncio dopo una litigata.
Ti amo perché tu per me sei tutto ma non l’alternativa al niente, perché con te io sono l’alfa e l’omega dell’intero universo.
Ti amo perché la serenità che mi infondi dilata il tempo e lo spazio intorno a me, ed io ci sto così bene dentro, come quando si indossa un vestito cucito su misura.
Ti amo perché, anche se riduttivo, non conosco altro modo per esprimere quello che provo per te.
Ti amo perché se dovessi morire in questo istante saprei di non aver vissuto invano.
Rivivo mille volte al giorno l’attimo in cui ti ho vista per la prima volta, ricordo di come goffamente sono inciampato in quel tuo sorriso per poi cadere a capofitto dentro i tuoi occhi e non riuscire più ad uscirne.
E quel primo bacio, fu come se lo avessi bramato da tutta la vita, mi capita ancora oggi, mi succede ogni volta.
Ricordo di come ti ho riconosciuta al volo tra la folla, eri diversa dagli altri, eri… semplicemente tu.
Tu con quella tua mania di litigare sempre per niente e ridere di tutto.
Tu con quel tuo modo di saper essere donna sempre e comunque.
Tu con quella tua grazia nel sapermi passeggiare dentro l’anima in punta di piedi.
Tu che hai saputo costruire una casa a questo cuore dromomane.
Tu che hai saputo togliermi dalle spalle quella soma di rabbia e fame.
Tu che hai saputo strapparmi ad una realtà che non mi apparteneva, intrappolato in una sorta di bolla spazio/temporale destinato a rivivere in eterno lo stesso inutile giorno per portarmi nella tua dove anche il tempo scorre in maniera diversa.
Tu, elegantemente testarda, selvaggia, femmina.
Tu che sei tu e basta e nient’altro in questo mondo ti assomiglia anche se ogni singolo atomo è una strada che porta a te, a quella vita che è stata lontana dalla mia vita per troppo tempo.
E mi piace pensare che in tutto questo tempo non ci siamo trovati semplicemente perché ci stavamo preparando l’uno per l’altra.
Mi piace pensare che non ti avrei riconosciuta se ti avessi incontrata un anno, un mese o addirittura una settimana prima, sei arrivata nel momento giusto, nell’attimo esatto in cui avevo in mano il tuo identikit.
Mi piace pensare che questa notte non finirà mai, ma non è così e prima o poi quella sveglia suonerà.
Mi piace pensare che tu sia lì da qualche parte a far galleggiare l’anima su questi stessi sogni.
Mi piace pensare che tu esisti anche se non ho più la forza di cercarti.

Testamento di un angelo caduto

E poi ti senti come un vecchio giocattolo, come una di quelle cose che per un qualche incomprensibile motivo ci si sente sempre in dovere di tenere un po’ da parte prima di disfarsene, relegate in un limbo antitetico giusto il tempo di disamorarsene.
Di punto in bianco ti sei ritrovato in soffitta, fra una vecchia scatola di biscotti e quel puzzle mai completato, accantonato come un brutto libro che in attesa di trovare il coraggio di buttarlo ci si limita ad esiliarlo sullo scaffale, così, tanto per fare arredamento.
Dovevi aspettartelo però, un giullare può anche dar la vita per intrattenere la corte ma pur sempre un giullare rimane e al primo sbadiglio del Re verrà prontamente rimpiazzato, esci di scena e con te se ne va anche quel poeta eternamente adombrato dal guerriero.
Adesso devi solo lasciare che quei ricordi se ne vadano via in punta di cuore anche se ti lasceranno la delusione di non essere riuscito a trovare nessuna pentola alla fine di quell’arcobaleno sintetico.
Hai concesso a quell’utopia di rapirti i sensi pur consapevole che sul lasciapassare per il mondo dei cigni non ci sarebbe mai stato scritto il tuo nome, se adesso ti ritrovi sospeso a mezz’aria fra il sogno e la follia la colpa è solo tua.
Ora che ogni illusione è stata restituita alla trasparenza capisci di non essere una stella cadente, nessun desiderio da esprimere al tuo passaggio.
Oggettivamente non sei mai stato nemmeno una luna orbitante ma un misero Icaro che ha osato volare troppo in alto, in un cielo che non gli apparteneva e che in fin dei conti gli era palesemente precluso.
Perdona la malagrazia nell’esporti il mio pensiero, mi conosci, non so fare di meglio e non so non essere schietto, decisamente pecco di eccessivo prosaicismo, riconosco i troppi aulicismi in caduta libera, ma io questo sono e proprio per questo allora mi hai cercato e trovato, proprio per questo torni sempre da me la cui più grande peculiarità è il rinfacciarti che quei “domani smetto” sono oramai diventati “ieri” da troppi anni.
Comprendo come ti senti, un delfino spiaggiato che non sa più qual è il suo tempo e il suo posto, un angelo  caduto che non riesce a capire se siano state le sue ali ad aver dimenticato come si fa a volare o se sia stato tirato giù a fucilate.
Adesso sei qui però, anche stavolta sei riuscito a ritrovare il viottolo che porta alla tua casa sull’albero, il tuo rifugio segreto al centro dei giardini di Epicuro.
Qui ci sono sempre stato io a prendermi cura di te che dai tuoi viaggi mi hai sempre riportato delle nuove ferite da curare e nuovi dolori da lenire, guarirò anche questi non temere, quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla, ricordi?
Mettiamoci in cammino intanto, la tana è vicina e più triste di un sentiero senza viaggiatori c’è solo un viaggiatore senza nessun sentiero da seguire.
A farci caso stamane c’è una strana quiete che avvolge il mondo, come se si fosse dimenticato di svegliarsi, non un gallo che canti, nemmeno quel solito abbaiare di cani in lontananza, l’aria sa ancora di pioggia e l’odore di muschio si confonde con quello della terra umida, di tanto in tanto qualche timido fiore di campo si sporge fra l’erba alta come spinto da chi sa quale sconsiderata curiosità, tutto riflette di colori tanto mesti da apparire come relegato in un’aura quasi sinistra, sembra quasi che ogni cosa riesca a percepire quello che provi e che in qualche maniera voglia condividere la tua angoscia, quasi ad alleviarla facendosene anch’essa carico.
Capisco quanto sia difficile camminare con l’anima al piede ma tu stringi i denti e appoggiati pure a me, oramai hai più cerotti che cuore ma non è la prima volta che trascini a casa la ghirba e conoscendoti nemmeno l’ultima.
Fai uno sforzo amico mio, mollare qui significherebbe dargliela vinta, cerca dentro di te quel tuo insito guizzo di folle audacia e ricorda… tutto ciò a cui hai sempre anelato è dall’altra parte della paura.
No, mi sa che forse è meglio se ti adagi un po’ a quel tronco, giusto il tempo di riprendere fiato e forze, ti vedo affaticato, anche troppo e ad essere onesto non ti ho mai visto così malconcio.
Cosa ti ha ridotto così questa volta? Tu magnifico Dio pagano, il più agguerrito fra gli alunni d’Astrea, capace di scavalcare le montagne con un balzo per poi incespicare su un granello di sabbia, quale bestia immonda ha potuto mai farti questo?
Sei finalmente riuscito a trovare quel demone in grado di sconfiggerti oppure una qualche tossina agiva da tempo dentro di te?
Dovrei essere crudele con te per una volta e dirti che ti sta bene.
Fin da bambino hai sempre avuto quell’insana passione di prendere a fiondate ogni singolo Golia che ti sia capitato a tiro, quell’irragionevole frenesia di cavalcare ogni sogno pazzo, quando per salvarti ti sarebbe bastato capire che il tuo posto non era nel mondo degli uomini, non in questo mondo, non fra questi uomini.
Non ho mai avuto grandi capacità ermeneutiche ma del resto è innegabile che ogni verità non potrà mai essere assoluta ma soggettiva, per troppo tempo hai guardato il male negli occhi per non avere almeno il dubbio che anche lui abbia fatto altrettanto con te, quel male che nasce con noi ed in noi ci accompagna per la vita, solo che a volte ci capita di avvertirlo in maniera più tangibile del solito, lo percepiamo tutt’intorno facendoci sentire come intrappolati nella torre del castello, l’istinto ci obbliga alla fuga ma la ragione offuscata non sa se indirizzarci alla porta o alla finestra, in quel momento nasce l’uomo, in quel momento muore l’androide.
Tu oggi sei una persona totalmente diversa da quell’esploratore che partiva per il suo primo viaggio, ogni volta ne tornavi cambiato ma oggi sei diverso, oggi c’è un’insolita luce in fondo ai tuoi occhi, fievole ma non di meno insolita.
Dovrei essere crudele con te ma non ci riesco, invece rifletto, e riflettendo giungo alla conclusione che anche per te sia arrivato il momento di fuggire da quella perfida prigione che chiami libertà, bisogna sempre saper assegnare il giusto ruolo ad ogni sentimento perché per l’uomo la libertà sarà sempre la migliore delle sue serve ma la peggior padrona.
E’ giunto il tempo di riporre le armi, svestire i panni dell’eterno cavaliere errante e rassegnarti all’idea che in fondo anche quella di Dulcinea era una visione che non ha mai trovato riscontro nella realtà.
Hai ragione amico mio, lo capisco dallo sguardo quello che vuoi dirmi; nessun uomo si aspetta un giorno come  questo, non tutti gli uomini lo meritano, pochi di essi alla fine del loro cammino saranno riconosciuti, in verità siamo come gli abissi marini, celiamo un’infinità di tesori a chi non possiede la giusta attrezzatura per scendere a quelle profondità, tesori il cui destino è indissolubilmente legato alla determinazione degli esploratori e per questo rischiano l’oblio.
Mentre parlo mi accorgo che quei nuvoloni fino ad ora sono stati fin troppo generosi e adesso non promettono niente di buono, toccherà darci una mossa se non vogliamo bagnarci, ce la fai a rialzarti? Dai che ci sono io ad aiutarti…
Apri gli occhi pelandrone, avrai tempo e modo di riposare una volta a casa.
Amico mio svegliati dai, ma che fai? Cos’è che non capisco?
Non puoi farmi questo, non è giusto, nemmeno il tempo di riabituarmi a te e già riparti? Rimani ti supplico, da questa avventura non si torna indietro, questo è un biglietto di sola andata.
Hai speso la tua esistenza cercando di insegnare la vita e ora lasci che se ne vada via senza opporre resistenza?
Non è da te, riappropriati di quell’ultimo alito e usalo per dar battaglia, questa è l’ultima, la più importante, questa è solo tua.
Mi accorgo che non hai più le forze per combattere ed io mi ritrovo relegato al solo ruolo di spettatore inerme, sappi però che se vuoi scendere da quel tram chiamato desiderio devi prima avere la consapevolezza che affidando le pagine della tua vita in mano alla storia ne farà aeroplanini.
La vita fugge da te e tu mi rimandi un trapezio vuoto, l’acrobata questa volta ha mancato la presa, o forse si è stufato di dondolare fra la sua astrusa chimera e la crudele realtà per un pubblico distratto e annoiato.
Te ne vai lasciandomi come un naufrago senza la sua stella polare, un rapsodo totalmente inadatto al compito di tramandare quell’epos.
La grande mietitrice è discesa delicatamente su di te come una piuma persa dall’ala di un angelo, quante volte avete danzato insieme sulle note di un tango?
Eravate una bella coppia che muovendosi in perfetta sinergia disegnava l’amore negato fra luce e tenebre, il segreto stava proprio nell’equilibrio del non cedere il passo all’altro, oggi quell’equilibrio si è rotto e tu che non hai mai riconosciuto il confine tra passione e ossessione oggi hai ceduto il passo, questa volta gli applausi del pubblico andranno solo alla nera signora.
A chi andranno invece i tuoi beni immateriali? Chi verrà a pretenderne la successione?
Ci sarà da qualche parte un erede capace di raccogliere quel testimone?
A dire il vero non l’ho mai scorto, tanti effimeri seguaci ma nessun vero discepolo fra quell’infinita moltitudine di atarassici corpi disabitati, eterne crisalidi vaganti alla mercé di qualsiasi predatore del pensiero, una nuova specie che si nutre esclusivamente di un edonismo fisiologico suggerito e non innato, bislacche entità capaci di portare quello che per te è sempre stato un greve fardello; quell’insostenibile pesantezza dell’apparire così aliena all’uomo di pensiero, allo spirito libero, al rivoluzionario.
Non so proprio chi o cosa potrà mai ridestare questi abulici spiriti letargici, quale apocalittico evento ne sarebbe capace.
Ma intanto tu te ne vai e a me rimangono mille dubbi impigliati fra i pensieri.
Quale memoria si custodirà di te? Quali epiche gesta narrerà il tuo Bhagavadgita? Cosa si racconterà di te e della tua cronica inquietudine?
Temo che nulla di te sopravvivrà, i tuoi ideali, la tua irreprensibile morale libera da ogni schema prefissato, il tuo bushido, saranno spazzati via dalla prima onda come orme sulla battigia, perse per sempre come lacrime nella pioggia.
Ma va bene così, ogni civiltà è ineluttabilmente destinata all’estinzione e plausibilmente anche per questa sono arrivati i titoli di coda, tu in fondo eri solo un’inutile quanto inadeguato anticorpo incapace di assolvere il suo compito contro un virus creato per trionfare.
No, non ti sto sminuendo, non è vero che non sei mai stato all’altezza dei tuoi sogni, più semplicemente sei stato costretto a vivere dei sogni non alla tua altezza, tu che hai sempre avuto un immane coacervo di interessi e passioni tale da terrorizzare qualsiasi uomo comune, tu che di comune non hai mai avuto nulla, nemmeno la follia.
Concedimelo, un motore come il tuo poteva andare solo a follia, solo con quel tipo di carburante hai potuto navigare nell’infinito, solo quella follia ti ha permesso di approdare in quei porti dove sapevi di poter ritrovare il tuo cuore, dove sentivi che c’era qualcosa di nuovo da apprendere, dove ritrovavi sempre quella solita vecchia maledetta maestra che fin da subito e senza indugio si è presa la briga di impartirti le sue lezioni migliori.
Sei stato per tutti come un reporter di guerra, un ponte radio per chi ha saputo captare le tue frequenze, trasmettevi le tue esperienze sul campo in tempo reale man mano che le apprendevi.
Ci hai insegnato che un’anima non va incatenata ma tenuta per mano.
Ci hai fatto scoprire che il più grande dei deserti da attraversare nella vita se ne sta rintanato dentro di noi, fra il nostro io interiore e la sua sovranità.
Ci hai fatto capire che qualsiasi percorso possiamo progettare per il nostro domani arriverà sempre quel giorno in cui ci ritroveremo dispersi e costretti a ripianificare tutto.
Tutto l’oro del mondo non vale la parte peggiore di te, ma la migliore la scambierai volentieri con un sorriso.
E infine ci hai insegnato che i nostri sogni rimangono tali solo fin quando si saranno realizzati, dopodiché ci sarà sempre qualcuno disposto a portarseli via e verosimilmente sarà sempre chi ci ha aiutato a realizzarli donandoci forza e motivazioni.
Vai amico mio, di te rimarranno per sempre le orme che hai lasciato in quei cuori che ti hanno permesso di passeggiarci dentro, nei tuoi occhi non ci saranno più lacrime destinate a restarsene malinconicamente affacciate, ora sono libere.
Ora hai varcato la soglia del tempo.
Adesso sei l’infinito.

Tenimmoce accussì, anema e core….

“Non ci credo che non ci sia niente dopo la morte, sarebbe un grande spreco…”
Questa e qualche delirante nostalgia del duce sono le frasi che sento più spesso in giro, io credo invece che lo spreco più grande sarebbe quello di non avere il coraggio di sapersi godere quel breve intervallo che va dalla nascita alla morte, quella capacità di saper riempire ogni attimo di vita e non la vita di attimi.
Ma purtroppo per loro c’è ancora gente che vede la vita come un adito, una ammissione verso chissà quale altra dimensione, come una di quelle vasche a passaggio che ti separano da certe piscine pubbliche.
Qualche anno fa lavoravo con e per un tipo eternamente a dondolo fra la sua realtà e la crisi mistica di turno, questo, pur conoscendo il mio radicato e radicale ateismo anarchico, c’aveva sta strana passione di venirmene a raccontare una al giorno…. nzomma, più che strana passione direi normalissimo masochismo perché era pienamente consapevole di come per imbecille lo avrei preso e per psicolabile lo avrei lasciato, ma lui era de coccio e un giorno mi raccontava di come l’esperienza del cammino di Santiago lo aiutò in un momento particolarmente complicato della sua vita, un altro giorno mi spuntava dicendomi di percepire ste strane presenze intorno a lui… cose così !
Un bel dì però mi fece una rivelazione che cambiò radicalmente la mia visione della morte, ricordo ancora quelle parole, quella discussione su come alcuni scienziati (che sinceramente vorrei tanto invitare a cena) riuscirono non solo a provare che l’anima esiste ma che per giunta, con l’ausilio di chissà quali sofisticatissime attrezzature, ne stabilirono anche il peso… 21 grammi netti, anche se onestamente suppongo abbiano pesato quella di un credente, perché la mia non credo vada al di sotto dei 15 kg.
Da quel giorno mille dubbi hanno sempre funestato la visione della mia dipartita, da sempre contrario a cimiteri e riti tribali di contorno, ho di conseguenza prediletto la cremazione alla sepoltura… e qui mi partono i primi dubbi.
Vabbè, il corpo lo sappiamo come fanno, te lo infilano in un forno e… Biiii, mu scuddai !! Ma l’anima? Ora… se quella di un buon cristiano sale direttamente in paradiso senza passare dal via, se quella di un buddhista continuerà a rimbalzare in uno strano flipper chiamato samsara, con la mia che ci faranno? Me la mettono dentro un palloncino in attesa magari di un’illuminazione postuma, e se l’illuminazione non arriva?
Oramai la legge mi permette di farci quello che voglio con le ceneri, le spargo in mare, ci faccio il terriccio per le Nepenthes, me le tengo in cucina insieme agli aromi, ma con sto palloncino che ci faccio?

The thin ice

Una delle mie tante proiezioni della coppia perfetta è quella di due atleti di pattinaggio di figura.
Due corpi, o per meglio dire… due anime che si muovono all’unisono, in perfetta sinergia su delle lame sottili e su un terreno oltremisura scivoloso.
Ma non è questo che monopolizzava i miei pensieri oggi bensì il rovescio della medaglia, passiamo la nostra intera esistenza a danzare su delle note scelte da altri nella maggior parte dei casi e troppe volte su di una superficie che nasconde mille insidie, ma siamo lì… ci sentiamo comunque in dovere di fare quel ballo, farlo bene e in fretta perché c’è il prossimo che ci aspetta, burattini da frigorifero è l’unica definizione che mi viene in mente.
E se ci rifiutassimo? Chissà quanta altra gente ferma lì ad osservarci potremmo scorgere, gente che ha capito prima di noi, gente che aspettava e sperava in una nostra rivelazione.
Nell’esatto istante in cui quegli sguardi si incrociano nasce una nuova consapevolezza, si risveglia una coscienza dormiente e ci ricorda che non siamo entità statiche ma esseri pensanti in continua evoluzione, realizziamo che la consistenza di quello strato di ghiaccio non è poi così alta, notiamo delle buche che mai avevamo visto prima, notiamo che tanta gente che aveva iniziato a ballare con noi non c’è più, sparita chissà dove.
Adesso però abbiamo il potere di ricolorare quel mondo, danzare su un’altra musica scritta apposta per noi, e anche se fossimo gli unici ad andare fuori tempo su quella pista affollata saremmo comunque noi, da soli o in coppia ma indiscutibilmente senza maschere e senza fili.Noi e quella benedetta maledizione dello spirito libero.

… ??

Più passa il tempo e più mi convinco di aver fatto una gran fesseria con l’iscrivermi all’A.I.D.O tanti anni fa.
Perché, volendo essere realisti, alla mia morte che gli lascerò?
Fegato? See ciao, quello l’ho già spappolato da un pezzo.
Reni? Meglio di no, c’hanno st’hobby della matematica e ogni tanto gli piglia di farsi due calcoli.
Dei polmoni non ne parliamo proprio, sono certo che in Turchia in certi casi dicono; Miii, ma fumi come Mario!!
Gli occhi? Beh… magari gli faccio un pacchettino a parte con gli occhiali, e perché no, ci metto anche quelli da sole dai, mi voglio rovinare.
Decisamente i testicoli sono messi peggio del fegato e non per colpa mia…
Si ma a sto punto che resta? Mi sa poca roba, però però… fino a ieri ero convinto che se da qui al fatidico evento si poteva fare il trapianto del cervello allora si che qualcosa avrei potuto dare, del resto l’ho sempre nutrito col meglio del meglio, allevato allo stato brado, educato nei migliori college, le alette costantemente appuntite.
Già, fino a ieri… poi ieri ho avuto modo di parlare con un “cristiano” e ho riflettuto, ho messo i nostri due cervelli a confronto e ho visto la luce !!
L’invidia che ho potuto provare non la saprei nemmeno descrivere, il mio è risultato essere ne più e ne meno degli altri organi, vecchio, malaticcio e strasfruttato (che figura ci farei con l’AIDO?).
Quell’altro no, quello è fantastico… bello da morire, ancora incellofanato, praticamente nuovo, mai usato, vuoi mettere?

Adoro le cose semplici

Adoro le cose semplici… La confortante apatia di certe domeniche mattina in cui il profumo di caffè si arrampica su quei primi raggi di s...