lunedì 3 marzo 2014

L’universo visto attraverso gli occhi di Peter Pan

Nel corso degli ultimi secoli la medicina ha debellato molte malattie ma il potere ha fatto di più, ha cancellato dal nostro DNA il “Peterpanismo” rendendoci adulti seri e consapevoli sempre consci di quelli che sono i nostri doveri verso la società.
Già.. i doveri, bella parola, ma i piaceri che fine hanno fatto?
Quanti di noi sanno ancora vedere il mondo attraverso gli occhi di un bambino? Quanti sanno entusiasmarsi alla vista di un bel fiore? Quanti sanno inebriarsi del suo profumo? Quanti ancora hanno la capacità di ascoltare il silenzio, di saper percepire la storia che ogni singola ruga di un sasso o di un tronco d’albero possono raccontarci? E infine, quanti di questi sanno ancora farlo al 100%?
Ma ci siamo mai chiesti cosa è che inibisce queste nostre sensazioni? A mio modesto parere è l’educazione ricevuta, quella stessa educazione atta solo a trasformarci in tanti Capitani Uncino, quell’educazione che tende sempre più a formare l’adulto nel bambino.
Passiamo i migliori anni della nostra vita a subire quell’educazione ed il resto ad imporre quella stessa maledetta educazione che tanto abbiamo osteggiato da piccoli, ma è necessario restare bambini pur essendo divenuti adulti e recuperare la spontaneità, la creatività, la fantasia, il filosofo cinese Mencio, già nel terzo secolo a.C. diceva che l’uomo saggio conserva il suo abito mentale fanciullesco.
Non ci rendiamo più conto di quanto sia impoverita ed irrigidita l’espressione della nostra umanità, di quanto il modello di adulto proposto e a cui ci uniformiamo sia svuotato e inespressivo. Un adulto che non conosce più l’entusiasmo, che non stimola la propria curiosità, che stenta a meravigliarsi, che non sa godere il qui ed ora, che ha vergogna a dare voce alla propria emotività, che ritiene prova di autonomia non chiedere mai comprensione e carezze, ma che vita ha?
Giudichiamo infantile il gioco, releghiamo come svaghi attività come la danza o la musica, ci stupiamo se un individuo canticchia per strada trotterellando, pensiamo che sia svagato, sventato, infantile.
Tutti abbiamo sperimentato l’effetto rivitalizzante della compagnia di un bambino, la mobilità del suo pensiero, la vivacità dello sguardo pronto a stupirsi del perenne fluire delle cose, della meraviglia della vita. Frequentare i bambini ci ricarica, i bambini non hanno pregiudizi, vivono un’apertura incondizionata al nuovo.
Avete mai guardato negli occhi un neonato? E’ un’occasione per vedere l’universo con occhi diversi e senza dubbio quello sguardo ci conferma che il bimbo viene da lontano.Divenire come bambini significa allora nutrire il proprio bambino interiore e ciò significa generarsi come figli, significa in altri termini diventare i propri genitori, creare la distanza di se da se, che in parole povere significa operare quella separazione che sta per autogenerazione.
Forse siamo noi ad avere qualcosa da imparare dai bambini, abbiamo bisogno di recuperare lo sguardo infantile, lo sguardo incantato.
Il bambino nel suo viaggio di esplorazione verso il mondo coinvolge tutti i sensi, tatto, udito, olfatto vista.
Il senso della meraviglia del bambino viene definito da Socrate il segno distintivo del filosofo, ed è in virtù della meraviglia che gli uomini cominciarono ad ammirare il creato.
Il bambino è l’apertura, l’entrata in gioco degli istinti: diventare come bambini significa essere aperti nei confronti degli altri, pur ricordando che i bambini conoscono il dolore e la morte.
Ricordo ancora con vero piacere quel “Hook, Capitan Uncino” di Spielberg dove il grande Robin Williams interpretava un Peter Pan che ormai adulto aveva scordato di saper volare, ma alcune vicissitudini lo riportano nell’ “Isola che non c’è” per essere costretto a riscoprire il potere dell’immaginazione creativa, scopre che se si immagina una cosa intensamente essa diverrà realtà.
Strategia necessaria allora se ci porta a dover compiere un viaggio a ritroso per scoprire il pensiero ricordando che siamo divenuti adulti, ed in questa unione di opposti sta la giusta via e la chiave della saggezza.

Come dice un antico proverbio Zen: “I bambini vedono le montagne, gli adulti non vedono le montagne, i saggi vedono le montagne”.
“Io sono in quella zona tra sonno e veglia, quando ti ricordi ancora i sogni, lì ti amerò, lì è il mondo delle fate.”

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