lunedì 19 maggio 2014

Adoro le cose semplici

Adoro le cose semplici…
La confortante apatia di certe domeniche mattina in cui il profumo di caffè si arrampica su quei primi raggi di sole che prepotentemente bucano la persiana.
Le lunghe e solitarie passeggiate sulla spiaggia nelle tiepide giornate invernali.
Quegli odori tipici che sa regalarti solo la campagna dopo la pioggia, i primi fiori di primavera, le nubi cumuliformi, il lato illuminato di ogni luna, la sinergia dei fiumi di seta, l’arcana magia del vagare senza meta.
Le persone trasparenti con cui non serve attingere da chissà quale decalogo della malizia per tradurle, con cui puoi essere te stesso.
Quegli esseri che non hanno la fobia del tempo ma piuttosto il dono di rallentarlo, il dono di saper riempire di infinito certi attimi rubati all’eternità.
La profondità delle parole non dette.
Le mille sfumature di colore di un sorriso spontaneo, quando a volte basta solo quello per indirizzare certe giornate altrimenti destinate alla follia.
Quella strana alchimia che si instaura fra due anime quando, fregandosene del sottile strato di pelle che le separa, riescono ad abbracciarsi per osmosi.

Adoro le cose semplici.
E non perché, come diceva Dorian Gray, sono l’ultimo rifugio degli spiriti complessi.

venerdì 21 marzo 2014

La scuola è d’obbligo, l’ignoranza è facoltativa.

Ancora una volta è quasi tempo di dichiarazione dei redditi, quell’assurda prassi con cui siamo obbligati a “giustificare” allo stato come riusciamo a sopravvivere.
Ma fra chi ha ancora la fortuna di avere qualcosa da dichiarare solo in pochi fanno caso all’8x1000, e ancor meno quelli che effettuano una reale scelta.
Vediamo allora di capire che cosa è e come funziona.
Con l’8x1000 scegliamo di destinare quell’ipotetica piccola parte delle nostre tasse a qualcuno; Lo Stato. La Chiesa Cattolica. La Chiesa Valdese. L’unione delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno. Le assemblee di Dio. L’unione delle comunità Ebraiche. La Chiesa Evangelica Luterana. L’unione Cristiana Evangelica Battista. La Sacra arcidiocesi ortodossa. La Chiesa apostolica.

Poco più del 30% degli italiani sceglie specificatamente la chiesa cattolica, il 4% allo stato e solo l’1% al resto della comitiva, col risultato che quasi il 65% degli italiani non effettua nessuna scelta…
Ed è qui che parte il meccanismo truffa, infatti quel 65% viene poi ripartito in base alle percentuali delle preferenze espresse col risultato che la chiesa si pappa ben oltre il 90% della torta, roba che solo per il 2012 parliamo di qualcosa come 1.148.076.594,08, cifra sempre in aumento perché legata al gettito Irpef.
Finisce qui? Ma manco per idea, quel 4% e circa che lo stato riceve e dovrebbe devolvere a favore di interventi umanitari e calamità naturali, viene invece destinato alla salvaguardia e al recupero dei beni culturali, ma, guarda caso… quei beni culturali sono sempre e solo di esclusiva proprietà della chiesa, qualcuno ha detto Teocrazia ??
Cerchiamo invece di capire cosa ne fa la chiesa di tutti quei soldi:
La favola narra che vanno ai vari Don Prosperino che li userà per dare un pasto caldo agli indigenti, comprerà magari un bel paio di scarpe a quel tal bambino con la madre sola e disoccupata, cose così……
Già, la favola però, perché la realtà è ben diversa.
La realtà ci dice che nel 2012 di quella torta 125 milioni di euro sono stati investiti per la costruzione di nuove chiese (e qui c’è poco da crederci visto quanto costa la narcisistica pomposità delle domus dei, ad essere ottimisti ne farai una ma non di più), 360 milioni per lo stipendio dei preti, quasi quasi non direi che 85 milioni di dollari sono andati a titolo di risarcimento per gli abusi sessuali negli USA. Vabbè, e il resto? Mistero…
Così come è un mistero il fatto che la chiesa detenga qualcosa come il 30,2% delle riserve auree mondiali, vogliamo trasformare in numeri quella percentuale?
Presto fatto, 60.350 tonnellate per un controvalore in dollari che si aggira intorno ai 1.245 miliardi, e con questa forza hai voglia a controllare i mercati
La chiesa possiede oltre il 22% del patrimonio immobiliare italiano, basti pensare che nella sola capitale è padrona di quasi 600 palazzi, 50 monasteri, ben oltre 500 chiese e 400 immobili fra ospizi, case di riposo, scuole, cliniche private, mentre il numero degli appartamenti è assolutamente non stimabile, e solo ed esclusivamente perché tutti questi beni sono intestati a centinaia di enti ed entità diverse, ma comunque tutti riconducibili alla Vaticano SPA per cui ovviamente non ci ha mai pagato mezza lira di tasse.
E’ poi grottesco che abbia un Papa che se da un lato propone 3 giorni di digiuno per la pace in Siria mentre predica la povertà, dall’altro omette di dire che controlla il 48% delle azioni della Beretta SPA, e non stiamo parlando di salumi ma di uno dei più grossi produttori di armi al mondo.
Troppo complicato e dispersivo sarebbe poi il voler parlare della “Operazione Sofia”, quel progetto della chiesa di creare un grande centro di potere all’interno di stati e istituzioni pubbliche e private così come testimoniato dal procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo.
Troppo complicato e dispersivo far capire che quel miliarduccio non è la sola rendita “passiva” della chiesa, se aggiungiamo tutto il resto arriviamo tranquillamente a 6,5 miliardi l’anno, troppo complicato comprendere cosa ci si potrebbe fare con quella cifra di questi tempi?
Mi sa di si, e allora lasciamo che dei padri di famiglia continuino ad ammazzarsi per la disperazione, che chissà quanti bambini muoiano di fame e di stenti, quel che conta è che Santa Romana Chiesa seguiti ad arricchirsi sulle nostre disgrazie in nome di un dio venduto a caro prezzo.
Credo che sarebbe il caso di rifletterci e alla riflessione aggiungerei anche qualche altro costo “attivo”, solo qualche voce tanto per dare un’idea:
Ogni qualvolta il Papa decida di spostarsi lo fa a carico nostro, cerchiamo di immaginare quanti agenti delle forze dell’ordine sono impiegati ogni volta (e io pago…).
Decide di spostarsi per Roma in tram? Bene, ma ciò mi distoglie dal fatto che qualche giorno dopo per andare in Argentina occupa due aerei (e io pago…), decide di spostarsi dal Vaticano a Castel Gandolfo a far pipì? Cazzi suoi, peccato che lo faccia con un elicottero del 31° stormo adibito al solo uso esclusivo della “Santa Sede”, quel che mi da da pensare è, perché un’aeromobile di nuova concezione debba essere sostituito ogni 2 anni? Perché io contribuente debba spendere quasi 40 milioni per comprare un giocattolo al capo di uno stato estero? Ma soprattutto… perché il contratto di acquisto di quel giocattolo debba essere segretato (delibera n.12/2012/G) ?? (e io pago…)
La chiesa è per la pace nel mondo ma intanto i cappellani militari mi costano 18 milioni l’anno, ma mi si spieghi almeno a che mi servono… posso solo pensare che vada ancora di moda quel vecchio adagio “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i propri”, e quelli nella Polizia di Stato? Solo 6 milioni… altri 8 per quelli nelle carceri e 35 per quelli negli ospedali (e io pago…).
La chiesa predica uguaglianza e libertà ma intanto ci impone a forza l’ora di religione pur di indottrinarci, e poi non dovrei incazzarmi se sono le curie a scegliere gli insegnanti fra sti quattro buffoni che non hanno nessuna voglia di trovarsi un lavoro vero, e non dovrei nemmeno incazzarmi se sta farsa mi costa 1 miliardo e 250 milioni l’anno?
Nel Frattempo lo stato mi taglia sempre più fondi alla scuola pubblica e aumenta i 400 milioni annui di contributo per le scuole ad orientamento cattolico (e io pago…).

Se sono contro la chiesa? Semplicemente ritengo che sia un cancro da estirpare a forza e a qualsiasi costo.

lunedì 3 marzo 2014

Sogno di un palpito mai nato

Adoro guardarti mentre dormi, in genere sei il concentrato di tutto quello che di buono c’è al mondo ma così mostri la parte più pura di te, come se distrattamente lasciassi aperto quello sportello della credenza dove si tenevano le cose proibite, tipo la nutella o le caramelle gommose.
E quanto sei bella, mi basta osservarti per capire dove vanno a finire tutte quelle stelle cadenti con il loro carico di desideri.
Ti respiro a pieni polmoni, mi inebrio di te, che poi non ho mai capito come il tuo shampoo abbia tutto un altro odore dentro la bottiglietta, usandolo lo mescoli con i tuoi pensieri, sarà questo il segreto?
Poi ad un tratto, come se percepissi il mio sguardo, fai uno sforzo immane e con mezzo occhio aperto mi chiedi;
- Perché non dormi?
- Si che dormo, sto sognando addirittura…
- Uffa, ma che hai?
- Paura di svegliarmi anima mia, tutto qui.
Eccoti qua, tanti anni persi a cercarti e sei sempre stata qui, a metà strada fra un sorriso e un mal di pancia.
Era da tanto che non sentivo più il cuore battere, riflettendoci probabilmente non lo avevo mai sentito, non così comunque, a volte mi fa quasi paura pensa un po’.
Forse mi ero fin troppo abituato a quella assurda apatia dello stagno o forse dopo tanti dolori mi ci ero rifugiato per legittima difesa, però ci stavo bene, vallo a capire, quel che è certo è che di tutto mi sarei aspettato tranne che una vera principessa capitasse da quelle parti.
Ora quasi esito a mostrarmi alla gente, temo che questa mia infinita felicità mi si possa leggere in viso e apparire ridicolo ai loro occhi, del resto quello sguardo da duro altro non era che un ponte levatoio, ma quanto ci stavo male… a volte mi capitava di svegliarmi in piena notte e non riuscire più a riprendere sonno, sentivo come se un’angoscia pesantissima avesse preso il posto delle coperte, solo che al contrario di loro questa non riuscivo proprio a levarmela di dosso, l’unica sarebbe stata lasciare lì il corpo e fuggire, fra quelle lenzuola mal frequentate la sera e disabitate il mattino dopo.
Adesso ho capito che quell’angoscia era solo il frastuono che proveniva dal ripostiglio dell’anima, quel sottoscala dove ci ficchi le cose che non usi più, io lì ci avevo messo tutti i miei sentimenti più puri, tutte quelle parole che non avrei mai più pronunciato, gesti e sguardi che non sentivo più miei, li avevo gettati lì alla spiccia e nella fretta di disfarmene mi ero scordato di ammazzarli, magari mi illudevo che così facendo in qualche modo li avrei annichiliti, invece no, tutta quella roba la dentro era stranamente viva e scalpitava per uscire, ma anche volendo avrei dovuto prima ricordare dove avevo messo la chiave, ora non so come la ritrovo in mano tua.
Credo che in tutto questo ho fatto il solo errore di chiudere quella porta, più o meno come quando sbagli il primo bottone della camicia, tutto il resto poi è solo una valanga di effetti collaterali.
Poi all’improvviso sei arrivata tu a sistemarmi vita e camicia, mi sei finita nel cuore proprio quando non riuscivo più a fare a pugni con quella lacrima, sei arrivata con i tuoi colori e hai ridipinto questo mio mondo ormai sbiadito.
E questa volta non si tratta della solita scialba cottarella, quell’intrigato complesso di effimere reazioni chimiche da imputare a ferormoni, testosterone e compagnia bella.
Mi sa che ti amo davvero, ti amo perché sto bene con te ma anche con me stesso.
Ti amo perché con te non c’è nulla che non farei, nulla di cui non parlerei.
Ti amo quando cerchi protezione fra le mie braccia, quando apri le tue per darne a me.
Ti amo perché conosci gli anfratti più tetri della mia anima e li accetti.
Ti amo perché con te riderei di qualsiasi cosa per un’intera settimana e sarebbe la cosa più normale al mondo.
Ti amo perché quando ti metti in ghingheri sei stupenda, ma la mattina appena sveglia lo sei ancor di più.
Ti amo perché hai un modo tutto tuo di trasformare in sorriso quel broncio dopo una litigata.
Ti amo perché tu per me sei tutto ma non l’alternativa al niente, perché con te io sono l’alfa e l’omega dell’intero universo.
Ti amo perché la serenità che mi infondi dilata il tempo e lo spazio intorno a me, ed io ci sto così bene dentro, come quando si indossa un vestito cucito su misura.
Ti amo perché, anche se riduttivo, non conosco altro modo per esprimere quello che provo per te.
Ti amo perché se dovessi morire in questo istante saprei di non aver vissuto invano.
Rivivo mille volte al giorno l’attimo in cui ti ho vista per la prima volta, ricordo di come goffamente sono inciampato in quel tuo sorriso per poi cadere a capofitto dentro i tuoi occhi e non riuscire più ad uscirne.
E quel primo bacio, fu come se lo avessi bramato da tutta la vita, mi capita ancora oggi, mi succede ogni volta.
Ricordo di come ti ho riconosciuta al volo tra la folla, eri diversa dagli altri, eri… semplicemente tu.
Tu con quella tua mania di litigare sempre per niente e ridere di tutto.
Tu con quel tuo modo di saper essere donna sempre e comunque.
Tu con quella tua grazia nel sapermi passeggiare dentro l’anima in punta di piedi.
Tu che hai saputo costruire una casa a questo cuore dromomane.
Tu che hai saputo togliermi dalle spalle quella soma di rabbia e fame.
Tu che hai saputo strapparmi ad una realtà che non mi apparteneva, intrappolato in una sorta di bolla spazio/temporale destinato a rivivere in eterno lo stesso inutile giorno per portarmi nella tua dove anche il tempo scorre in maniera diversa.
Tu, elegantemente testarda, selvaggia, femmina.
Tu che sei tu e basta e nient’altro in questo mondo ti assomiglia anche se ogni singolo atomo è una strada che porta a te, a quella vita che è stata lontana dalla mia vita per troppo tempo.
E mi piace pensare che in tutto questo tempo non ci siamo trovati semplicemente perché ci stavamo preparando l’uno per l’altra.
Mi piace pensare che non ti avrei riconosciuta se ti avessi incontrata un anno, un mese o addirittura una settimana prima, sei arrivata nel momento giusto, nell’attimo esatto in cui avevo in mano il tuo identikit.
Mi piace pensare che questa notte non finirà mai, ma non è così e prima o poi quella sveglia suonerà.
Mi piace pensare che tu sia lì da qualche parte a far galleggiare l’anima su questi stessi sogni.
Mi piace pensare che tu esisti anche se non ho più la forza di cercarti.

Testamento di un angelo caduto

E poi ti senti come un vecchio giocattolo, come una di quelle cose che per un qualche incomprensibile motivo ci si sente sempre in dovere di tenere un po’ da parte prima di disfarsene, relegate in un limbo antitetico giusto il tempo di disamorarsene.
Di punto in bianco ti sei ritrovato in soffitta, fra una vecchia scatola di biscotti e quel puzzle mai completato, accantonato come un brutto libro che in attesa di trovare il coraggio di buttarlo ci si limita ad esiliarlo sullo scaffale, così, tanto per fare arredamento.
Dovevi aspettartelo però, un giullare può anche dar la vita per intrattenere la corte ma pur sempre un giullare rimane e al primo sbadiglio del Re verrà prontamente rimpiazzato, esci di scena e con te se ne va anche quel poeta eternamente adombrato dal guerriero.
Adesso devi solo lasciare che quei ricordi se ne vadano via in punta di cuore anche se ti lasceranno la delusione di non essere riuscito a trovare nessuna pentola alla fine di quell’arcobaleno sintetico.
Hai concesso a quell’utopia di rapirti i sensi pur consapevole che sul lasciapassare per il mondo dei cigni non ci sarebbe mai stato scritto il tuo nome, se adesso ti ritrovi sospeso a mezz’aria fra il sogno e la follia la colpa è solo tua.
Ora che ogni illusione è stata restituita alla trasparenza capisci di non essere una stella cadente, nessun desiderio da esprimere al tuo passaggio.
Oggettivamente non sei mai stato nemmeno una luna orbitante ma un misero Icaro che ha osato volare troppo in alto, in un cielo che non gli apparteneva e che in fin dei conti gli era palesemente precluso.
Perdona la malagrazia nell’esporti il mio pensiero, mi conosci, non so fare di meglio e non so non essere schietto, decisamente pecco di eccessivo prosaicismo, riconosco i troppi aulicismi in caduta libera, ma io questo sono e proprio per questo allora mi hai cercato e trovato, proprio per questo torni sempre da me la cui più grande peculiarità è il rinfacciarti che quei “domani smetto” sono oramai diventati “ieri” da troppi anni.
Comprendo come ti senti, un delfino spiaggiato che non sa più qual è il suo tempo e il suo posto, un angelo  caduto che non riesce a capire se siano state le sue ali ad aver dimenticato come si fa a volare o se sia stato tirato giù a fucilate.
Adesso sei qui però, anche stavolta sei riuscito a ritrovare il viottolo che porta alla tua casa sull’albero, il tuo rifugio segreto al centro dei giardini di Epicuro.
Qui ci sono sempre stato io a prendermi cura di te che dai tuoi viaggi mi hai sempre riportato delle nuove ferite da curare e nuovi dolori da lenire, guarirò anche questi non temere, quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla, ricordi?
Mettiamoci in cammino intanto, la tana è vicina e più triste di un sentiero senza viaggiatori c’è solo un viaggiatore senza nessun sentiero da seguire.
A farci caso stamane c’è una strana quiete che avvolge il mondo, come se si fosse dimenticato di svegliarsi, non un gallo che canti, nemmeno quel solito abbaiare di cani in lontananza, l’aria sa ancora di pioggia e l’odore di muschio si confonde con quello della terra umida, di tanto in tanto qualche timido fiore di campo si sporge fra l’erba alta come spinto da chi sa quale sconsiderata curiosità, tutto riflette di colori tanto mesti da apparire come relegato in un’aura quasi sinistra, sembra quasi che ogni cosa riesca a percepire quello che provi e che in qualche maniera voglia condividere la tua angoscia, quasi ad alleviarla facendosene anch’essa carico.
Capisco quanto sia difficile camminare con l’anima al piede ma tu stringi i denti e appoggiati pure a me, oramai hai più cerotti che cuore ma non è la prima volta che trascini a casa la ghirba e conoscendoti nemmeno l’ultima.
Fai uno sforzo amico mio, mollare qui significherebbe dargliela vinta, cerca dentro di te quel tuo insito guizzo di folle audacia e ricorda… tutto ciò a cui hai sempre anelato è dall’altra parte della paura.
No, mi sa che forse è meglio se ti adagi un po’ a quel tronco, giusto il tempo di riprendere fiato e forze, ti vedo affaticato, anche troppo e ad essere onesto non ti ho mai visto così malconcio.
Cosa ti ha ridotto così questa volta? Tu magnifico Dio pagano, il più agguerrito fra gli alunni d’Astrea, capace di scavalcare le montagne con un balzo per poi incespicare su un granello di sabbia, quale bestia immonda ha potuto mai farti questo?
Sei finalmente riuscito a trovare quel demone in grado di sconfiggerti oppure una qualche tossina agiva da tempo dentro di te?
Dovrei essere crudele con te per una volta e dirti che ti sta bene.
Fin da bambino hai sempre avuto quell’insana passione di prendere a fiondate ogni singolo Golia che ti sia capitato a tiro, quell’irragionevole frenesia di cavalcare ogni sogno pazzo, quando per salvarti ti sarebbe bastato capire che il tuo posto non era nel mondo degli uomini, non in questo mondo, non fra questi uomini.
Non ho mai avuto grandi capacità ermeneutiche ma del resto è innegabile che ogni verità non potrà mai essere assoluta ma soggettiva, per troppo tempo hai guardato il male negli occhi per non avere almeno il dubbio che anche lui abbia fatto altrettanto con te, quel male che nasce con noi ed in noi ci accompagna per la vita, solo che a volte ci capita di avvertirlo in maniera più tangibile del solito, lo percepiamo tutt’intorno facendoci sentire come intrappolati nella torre del castello, l’istinto ci obbliga alla fuga ma la ragione offuscata non sa se indirizzarci alla porta o alla finestra, in quel momento nasce l’uomo, in quel momento muore l’androide.
Tu oggi sei una persona totalmente diversa da quell’esploratore che partiva per il suo primo viaggio, ogni volta ne tornavi cambiato ma oggi sei diverso, oggi c’è un’insolita luce in fondo ai tuoi occhi, fievole ma non di meno insolita.
Dovrei essere crudele con te ma non ci riesco, invece rifletto, e riflettendo giungo alla conclusione che anche per te sia arrivato il momento di fuggire da quella perfida prigione che chiami libertà, bisogna sempre saper assegnare il giusto ruolo ad ogni sentimento perché per l’uomo la libertà sarà sempre la migliore delle sue serve ma la peggior padrona.
E’ giunto il tempo di riporre le armi, svestire i panni dell’eterno cavaliere errante e rassegnarti all’idea che in fondo anche quella di Dulcinea era una visione che non ha mai trovato riscontro nella realtà.
Hai ragione amico mio, lo capisco dallo sguardo quello che vuoi dirmi; nessun uomo si aspetta un giorno come  questo, non tutti gli uomini lo meritano, pochi di essi alla fine del loro cammino saranno riconosciuti, in verità siamo come gli abissi marini, celiamo un’infinità di tesori a chi non possiede la giusta attrezzatura per scendere a quelle profondità, tesori il cui destino è indissolubilmente legato alla determinazione degli esploratori e per questo rischiano l’oblio.
Mentre parlo mi accorgo che quei nuvoloni fino ad ora sono stati fin troppo generosi e adesso non promettono niente di buono, toccherà darci una mossa se non vogliamo bagnarci, ce la fai a rialzarti? Dai che ci sono io ad aiutarti…
Apri gli occhi pelandrone, avrai tempo e modo di riposare una volta a casa.
Amico mio svegliati dai, ma che fai? Cos’è che non capisco?
Non puoi farmi questo, non è giusto, nemmeno il tempo di riabituarmi a te e già riparti? Rimani ti supplico, da questa avventura non si torna indietro, questo è un biglietto di sola andata.
Hai speso la tua esistenza cercando di insegnare la vita e ora lasci che se ne vada via senza opporre resistenza?
Non è da te, riappropriati di quell’ultimo alito e usalo per dar battaglia, questa è l’ultima, la più importante, questa è solo tua.
Mi accorgo che non hai più le forze per combattere ed io mi ritrovo relegato al solo ruolo di spettatore inerme, sappi però che se vuoi scendere da quel tram chiamato desiderio devi prima avere la consapevolezza che affidando le pagine della tua vita in mano alla storia ne farà aeroplanini.
La vita fugge da te e tu mi rimandi un trapezio vuoto, l’acrobata questa volta ha mancato la presa, o forse si è stufato di dondolare fra la sua astrusa chimera e la crudele realtà per un pubblico distratto e annoiato.
Te ne vai lasciandomi come un naufrago senza la sua stella polare, un rapsodo totalmente inadatto al compito di tramandare quell’epos.
La grande mietitrice è discesa delicatamente su di te come una piuma persa dall’ala di un angelo, quante volte avete danzato insieme sulle note di un tango?
Eravate una bella coppia che muovendosi in perfetta sinergia disegnava l’amore negato fra luce e tenebre, il segreto stava proprio nell’equilibrio del non cedere il passo all’altro, oggi quell’equilibrio si è rotto e tu che non hai mai riconosciuto il confine tra passione e ossessione oggi hai ceduto il passo, questa volta gli applausi del pubblico andranno solo alla nera signora.
A chi andranno invece i tuoi beni immateriali? Chi verrà a pretenderne la successione?
Ci sarà da qualche parte un erede capace di raccogliere quel testimone?
A dire il vero non l’ho mai scorto, tanti effimeri seguaci ma nessun vero discepolo fra quell’infinita moltitudine di atarassici corpi disabitati, eterne crisalidi vaganti alla mercé di qualsiasi predatore del pensiero, una nuova specie che si nutre esclusivamente di un edonismo fisiologico suggerito e non innato, bislacche entità capaci di portare quello che per te è sempre stato un greve fardello; quell’insostenibile pesantezza dell’apparire così aliena all’uomo di pensiero, allo spirito libero, al rivoluzionario.
Non so proprio chi o cosa potrà mai ridestare questi abulici spiriti letargici, quale apocalittico evento ne sarebbe capace.
Ma intanto tu te ne vai e a me rimangono mille dubbi impigliati fra i pensieri.
Quale memoria si custodirà di te? Quali epiche gesta narrerà il tuo Bhagavadgita? Cosa si racconterà di te e della tua cronica inquietudine?
Temo che nulla di te sopravvivrà, i tuoi ideali, la tua irreprensibile morale libera da ogni schema prefissato, il tuo bushido, saranno spazzati via dalla prima onda come orme sulla battigia, perse per sempre come lacrime nella pioggia.
Ma va bene così, ogni civiltà è ineluttabilmente destinata all’estinzione e plausibilmente anche per questa sono arrivati i titoli di coda, tu in fondo eri solo un’inutile quanto inadeguato anticorpo incapace di assolvere il suo compito contro un virus creato per trionfare.
No, non ti sto sminuendo, non è vero che non sei mai stato all’altezza dei tuoi sogni, più semplicemente sei stato costretto a vivere dei sogni non alla tua altezza, tu che hai sempre avuto un immane coacervo di interessi e passioni tale da terrorizzare qualsiasi uomo comune, tu che di comune non hai mai avuto nulla, nemmeno la follia.
Concedimelo, un motore come il tuo poteva andare solo a follia, solo con quel tipo di carburante hai potuto navigare nell’infinito, solo quella follia ti ha permesso di approdare in quei porti dove sapevi di poter ritrovare il tuo cuore, dove sentivi che c’era qualcosa di nuovo da apprendere, dove ritrovavi sempre quella solita vecchia maledetta maestra che fin da subito e senza indugio si è presa la briga di impartirti le sue lezioni migliori.
Sei stato per tutti come un reporter di guerra, un ponte radio per chi ha saputo captare le tue frequenze, trasmettevi le tue esperienze sul campo in tempo reale man mano che le apprendevi.
Ci hai insegnato che un’anima non va incatenata ma tenuta per mano.
Ci hai fatto scoprire che il più grande dei deserti da attraversare nella vita se ne sta rintanato dentro di noi, fra il nostro io interiore e la sua sovranità.
Ci hai fatto capire che qualsiasi percorso possiamo progettare per il nostro domani arriverà sempre quel giorno in cui ci ritroveremo dispersi e costretti a ripianificare tutto.
Tutto l’oro del mondo non vale la parte peggiore di te, ma la migliore la scambierai volentieri con un sorriso.
E infine ci hai insegnato che i nostri sogni rimangono tali solo fin quando si saranno realizzati, dopodiché ci sarà sempre qualcuno disposto a portarseli via e verosimilmente sarà sempre chi ci ha aiutato a realizzarli donandoci forza e motivazioni.
Vai amico mio, di te rimarranno per sempre le orme che hai lasciato in quei cuori che ti hanno permesso di passeggiarci dentro, nei tuoi occhi non ci saranno più lacrime destinate a restarsene malinconicamente affacciate, ora sono libere.
Ora hai varcato la soglia del tempo.
Adesso sei l’infinito.

Tenimmoce accussì, anema e core….

“Non ci credo che non ci sia niente dopo la morte, sarebbe un grande spreco…”
Questa e qualche delirante nostalgia del duce sono le frasi che sento più spesso in giro, io credo invece che lo spreco più grande sarebbe quello di non avere il coraggio di sapersi godere quel breve intervallo che va dalla nascita alla morte, quella capacità di saper riempire ogni attimo di vita e non la vita di attimi.
Ma purtroppo per loro c’è ancora gente che vede la vita come un adito, una ammissione verso chissà quale altra dimensione, come una di quelle vasche a passaggio che ti separano da certe piscine pubbliche.
Qualche anno fa lavoravo con e per un tipo eternamente a dondolo fra la sua realtà e la crisi mistica di turno, questo, pur conoscendo il mio radicato e radicale ateismo anarchico, c’aveva sta strana passione di venirmene a raccontare una al giorno…. nzomma, più che strana passione direi normalissimo masochismo perché era pienamente consapevole di come per imbecille lo avrei preso e per psicolabile lo avrei lasciato, ma lui era de coccio e un giorno mi raccontava di come l’esperienza del cammino di Santiago lo aiutò in un momento particolarmente complicato della sua vita, un altro giorno mi spuntava dicendomi di percepire ste strane presenze intorno a lui… cose così !
Un bel dì però mi fece una rivelazione che cambiò radicalmente la mia visione della morte, ricordo ancora quelle parole, quella discussione su come alcuni scienziati (che sinceramente vorrei tanto invitare a cena) riuscirono non solo a provare che l’anima esiste ma che per giunta, con l’ausilio di chissà quali sofisticatissime attrezzature, ne stabilirono anche il peso… 21 grammi netti, anche se onestamente suppongo abbiano pesato quella di un credente, perché la mia non credo vada al di sotto dei 15 kg.
Da quel giorno mille dubbi hanno sempre funestato la visione della mia dipartita, da sempre contrario a cimiteri e riti tribali di contorno, ho di conseguenza prediletto la cremazione alla sepoltura… e qui mi partono i primi dubbi.
Vabbè, il corpo lo sappiamo come fanno, te lo infilano in un forno e… Biiii, mu scuddai !! Ma l’anima? Ora… se quella di un buon cristiano sale direttamente in paradiso senza passare dal via, se quella di un buddhista continuerà a rimbalzare in uno strano flipper chiamato samsara, con la mia che ci faranno? Me la mettono dentro un palloncino in attesa magari di un’illuminazione postuma, e se l’illuminazione non arriva?
Oramai la legge mi permette di farci quello che voglio con le ceneri, le spargo in mare, ci faccio il terriccio per le Nepenthes, me le tengo in cucina insieme agli aromi, ma con sto palloncino che ci faccio?

The thin ice

Una delle mie tante proiezioni della coppia perfetta è quella di due atleti di pattinaggio di figura.
Due corpi, o per meglio dire… due anime che si muovono all’unisono, in perfetta sinergia su delle lame sottili e su un terreno oltremisura scivoloso.
Ma non è questo che monopolizzava i miei pensieri oggi bensì il rovescio della medaglia, passiamo la nostra intera esistenza a danzare su delle note scelte da altri nella maggior parte dei casi e troppe volte su di una superficie che nasconde mille insidie, ma siamo lì… ci sentiamo comunque in dovere di fare quel ballo, farlo bene e in fretta perché c’è il prossimo che ci aspetta, burattini da frigorifero è l’unica definizione che mi viene in mente.
E se ci rifiutassimo? Chissà quanta altra gente ferma lì ad osservarci potremmo scorgere, gente che ha capito prima di noi, gente che aspettava e sperava in una nostra rivelazione.
Nell’esatto istante in cui quegli sguardi si incrociano nasce una nuova consapevolezza, si risveglia una coscienza dormiente e ci ricorda che non siamo entità statiche ma esseri pensanti in continua evoluzione, realizziamo che la consistenza di quello strato di ghiaccio non è poi così alta, notiamo delle buche che mai avevamo visto prima, notiamo che tanta gente che aveva iniziato a ballare con noi non c’è più, sparita chissà dove.
Adesso però abbiamo il potere di ricolorare quel mondo, danzare su un’altra musica scritta apposta per noi, e anche se fossimo gli unici ad andare fuori tempo su quella pista affollata saremmo comunque noi, da soli o in coppia ma indiscutibilmente senza maschere e senza fili.Noi e quella benedetta maledizione dello spirito libero.

… ??

Più passa il tempo e più mi convinco di aver fatto una gran fesseria con l’iscrivermi all’A.I.D.O tanti anni fa.
Perché, volendo essere realisti, alla mia morte che gli lascerò?
Fegato? See ciao, quello l’ho già spappolato da un pezzo.
Reni? Meglio di no, c’hanno st’hobby della matematica e ogni tanto gli piglia di farsi due calcoli.
Dei polmoni non ne parliamo proprio, sono certo che in Turchia in certi casi dicono; Miii, ma fumi come Mario!!
Gli occhi? Beh… magari gli faccio un pacchettino a parte con gli occhiali, e perché no, ci metto anche quelli da sole dai, mi voglio rovinare.
Decisamente i testicoli sono messi peggio del fegato e non per colpa mia…
Si ma a sto punto che resta? Mi sa poca roba, però però… fino a ieri ero convinto che se da qui al fatidico evento si poteva fare il trapianto del cervello allora si che qualcosa avrei potuto dare, del resto l’ho sempre nutrito col meglio del meglio, allevato allo stato brado, educato nei migliori college, le alette costantemente appuntite.
Già, fino a ieri… poi ieri ho avuto modo di parlare con un “cristiano” e ho riflettuto, ho messo i nostri due cervelli a confronto e ho visto la luce !!
L’invidia che ho potuto provare non la saprei nemmeno descrivere, il mio è risultato essere ne più e ne meno degli altri organi, vecchio, malaticcio e strasfruttato (che figura ci farei con l’AIDO?).
Quell’altro no, quello è fantastico… bello da morire, ancora incellofanato, praticamente nuovo, mai usato, vuoi mettere?

Cervelli in fuga

Ammettiamolo, la fuga di cervelli all’estero sta oramai prendendo sempre più la connotazione di una vera e propria piaga sociale, e a me come a chiunque altro capita più o meno ogni giorno di dover patire gli effetti collaterali di questo ineluttabile esodo
Facciamo attenzione però, esistono due tipi di cervelli in fuga; il primo è quello fatto di giovani ricercatori, accademici o semplici lavoratori consapevoli che in Italia non potranno mai ne realizzarsi e ne tantomeno valorizzarsi.Volendo potrei muovere mille critiche verso questa categoria, rea di lasciarmi in pasto ad un esercito di figli di qualcuno o di veline il cui unico merito scolastico è stato quel 30 e lode in Lewinskologia applicata, tuttavia la mia non vuol essere in alcun modo una critica verso questo gruppo… anzi, sono d’accordo con chi va a cercare un futuro fuori, lontano da questo sistema oligarchico e cannibalistico.No, la mia non è una critica verso i primi ma un accorato appello verso il secondo tipo di cervelli in fuga, a loro va questo messaggio:

Vi supplico… portatevi via anche il corpo perché mi sono rotto il cazzo di ritrovarmi sempre qualche imbecille lobotomizzato fra i piedi !!

Quando inizia ufficialmente l’estate?

Con i miei parametri alla vista del primo Canadair, si dai… quei bei aereoplanini gialli adibiti allo spostamento del mare verso zone montagnose?
Scherzi a parte, li vedo e mi sovvien l’eterno… che ci posso fare se ho sempre avuto sti caspita di neuroni dromomani?E non si scappa, puntualmente ogni anno alla vista del primo Canadair (oltre ai coglioni) mi girano sempre gli stessi pensieri; in Sicilia non è che c’abbiamo la foresta amazzonica, di boschi che avremo? Si e no meno del 15% del territorio.Di forze di polizia e compagnia bella invece? Difficile fare un calcolo, sinceramente non ci riesco proprio ma di sicuro sono un’infinità.A Fiumefreddo saremo all’incirca un 10.000 abitanti con un 20 vigili urbani? Fatti un giro e poi mi dici quanti ne vedi per le strade, il bello è che se ne hai bisogno ti puoi serenamente attaccare al tram, non sia mai che si ha necessità di una pattuglia della polizia o peggio ancora di dover fare una denuncia dai carabinieri… “Tonni domani che c’è il collega adibito apposito alle denunce in questione”, cchi ddici ?? Ma al corso i professori di Taliano dove ve li trovano?E non si riesce a farli schiodare da quegli uffici manco in caso di terremoto tranne ovviamente nei giorni della “Sagra del manganello”…

Ora, torniamo a noi, con una così esigua percentuale di territorio boschivo e un numero così alto di personale di polizia varia, ma dico io, ma glielo vogliamo fare guadagnare onestamente lo stipendio a questa élite di fannulloni privilegiati si o no? E volendo ci vuole anche poco, basta solo costruire una garitta ogni tot kmq. di bosco e metterci dentro un agente munito di fucile di precisione, becchi il piromane di turno? BAHMM, na bella fucilata in piena fronte e vedrai che quello di alberi non ne brucerà più.

C’era una volta James Bond…

E quelli erano bei tempi, nella peggiore delle ipotesi venivi seguito da un elegantone in smoking che prima di spararti sorseggiava il suo bel vodka martini agitato non mescolato.Cambiano i tempi, cambiano le spie e con loro cambiano anche gli spiati, ieri bastava che venivi dal freddo per essere una possibile minaccia, oggi ti basta tornare dal tabaccaio, anzi… non c’è manco bisogno che ti muovi da casa, loro debbono sapere cosa pensi, cosa fai, quali saranno le tue prossime mosse.Ma cosa cazzo ho ancora di cui non sono a conoscenza? Non mi avete già tolto tutto o sbaglio? Mi indottrinate fin da piccolo a non pensare e quei pochi pensieri che mi si concedono sono incanalati nelle uniche direzioni suggerite.Tutto nasceva nel lontano 1947 dall’UKUSA, un patto fra USA e GB a cui successivamente si vanno ad aggiungere Australia, Nuova Zelanda e Canada, l’UKUSA in pratica era un organismo che intercettava e analizzava ogni tipo di comunicazione militare possibile.Gli anni passano, le tecnologie crescono, si evolvono, cambiano, e mentre i vecchi nemici della guerra fredda si estinguono come dinosauri, cambiano anche gli obiettivi che da militari diventano così anche commerciali oltre che civili.Nasce Echelon, una nuova rete di stazioni che raccoglie i dati di 120 satelliti, da lì in poi siamo tutti possibili target, basta che il sistema intercetti una parola chiave per andare a finire in una cartellina del database, chi non ricorda quando scoppio il caso Echelon in Europa? Gli Stati Uniti boicottarono per un periodo di tempo tantissimi prodotti a marchio europeo solo perché l’Unione Europea si era ribellata allo spionaggio commerciale perpetrato dagli USA.E anche quello oramai è il passato, per questo settembre/ottobre è prevista l’ultimazione di un nuovo fantascientifico Grande Fratello, lo Utah Data Center, un centro di stoccaggio e analisi dati da paura, basti solo pensare che è capace di archiviare dati per almeno 5 zettabytes, e se si pensa che un zettabytes equivale a 1.099.511.627.776 gigabytes viene solo la pelle d’oca ad immaginare cosa non ci potresti mettere la dentro, ed io che mi sentivo un semidio con i miei 800 film su l’HD esterno da 1 tera… bah !!Torniamo a noi, ma tutti sti dati come li gestisci? Semplice, c’è un computerino chiamato Titan in grado di compiere 20.000 trilioni di operazioni al secondo, alla faccia dell’apparatourogenitalemascolino !!Ecco, a questo punto nasce però una nuova domanda; ma che caspita ci devi archiviare con quel coso? Di tutto, il sistema è in grado di collegarsi ad ogni cosa, da tutto il traffico internet a qualsiasi fesseria transiti sul tuo cellulare passando per le videocamere di sorveglianza del benzinaio di periferia e quelle oramai montate su treni e autobus.Proviamo domani a fare il nostro solito percorso con un occhio più attento, quante telecamere riusciremo a notare? E pensare che sono sempre in crescendo, l’ultima è che la polizia municipale di Torino ha adottato dei quadricotteri con webcam hd per il controllo del traffico.Ciliegina sulla torta… hanno inventato un algoritmo ad hoc in grado di interpretare i comportamenti umani e riconoscere e seguire un volto ovunque, ieri sera ti ha punto una zanzara e stamane ti sei grattato tre volte? Sei fritto, hai prestato perso e ricomprato quel libro a cui tenevi pagandolo con la carta? Sei fritto, ti sei perso e sei passato due volte dalla stessa strada per colpa del navigatore imbecille? Sei fritto, quel sistema ti seguirà fino alla tomba.Logicamente questo bel giocattolino sarà protetto da una struttura a prova di fine del mondo, non esisterà arma in grado di scalfirlo, un centro di 1,5 milioni di mq. completamente autonomo e indipendente, alimentato da una batteria atomica in grado di fornire energia per diversi anni anche se tutto intorno si spegne, viveri e generi di prima necessità sufficienti per un anno, e stiamo parlando di qualcosa che di solo hardware, software e manutenzione verrà a costare qualcosa come 4 miliardi di dollari.Ovunque andremo ci sarà sempre qualcosa che ci starà osservando e ascoltando, tu credi di guardare la televisione ma fra non molto sarà lei a guardare te, da parte mia ho sempre nutrito dei sospetti sulla mia macchinetta del caffè, una che fa un caffè così schifoso per chi lavora?E scherziamoci pure su, la verità è che ci stanno levando tutto e ci controllano già da oggi per ogni nostra possibile ribellione di domani, ci stanno togliendo la vita rimpiazzandola con una artificiale.Lo UDC è l’ultima tessera di un puzzle cominciato con la grande farsa dell’attacco alle torri gemelle, il suo scopo e quello di avere il controllo su tutto e tutti, l’ultima grande arma nelle mani della NSA, l’ultima sofisticata arma nelle mani di chi tira i fili della NSA.
Ah, piuttosto… quasi dimenticavo, se per caso ci capiterà di sentire dei rumori sospetti niente paura, è solo George Orwell che si rivolta nella tomba.



Tutte le vite che non ho vissuto

Periodicamente può succedere che il cervello emetta dei segnali d’allarme, una specie di Bip Bip tipo un radiofaro, alcune volte riusciamo a captarlo molte altre volte siamo più distratti del solito e ci sfugge. Non di rado capita che uno di quei segnali dica;


Ma io qui che cazzo ci sto a fare? Come ci sono finito?


Ti fermi un attimo, ti guardi in giro, fai una bella analisi e realizzi che è vero, ti rendi effettivamente conto che quella che stai facendo non è la tua vita, no, non è affatto la vita che ti eri immaginato, quella che ti eri prefissato o che per sommi capi avevi programmato per te, a quel punto una strana sensazione ti pervade e si amplifica in qualcosa di più tangibile, comprendi che è il grido di dolore di un’anima ferita, intrappolata in una tagliola che lì non doveva esserci, è un cocktail letale fatto di rabbia, insoddisfazione, amarezza, malinconia.


Non sono pensieri che ti entrano dentro senza preavviso, in realtà è un virus che ti porti dietro da una vita, è sempre stato lì, solo che a volte non basta trastullarsi nel ricordo di ieri per lenire il dolore di oggi, quel tipo di anestetico ogni tanto va in blocco e ti svela che quelli lì per terra non sono petali di rosa che qualcuno al tuo passaggio ha sparso in tuo onore, sono pezzi di te che hai perso per strada, sono piccoli frammenti del tuo cuore che la vita ti ha strappato a morsi.

No, la vita non era affatto un semplice corridoio che collega due stanze, alle tue spalle quella con il seggiolone e laggiù in fondo una sedia a dondolo, c’erano diramazioni e incroci, un po’ come le strade di una grande città nell’ora di punta e tu sei lì col tuo cappellino da baseball di lato sulla testa, i tuoi bei pantaloncini corti ed il preziosissimo zainetto che stai riempiendo strada facendo, sei lì praticamente smarrito e avulso con quel lontano ricordo della tua partenza e una vaga idea della tua meta. Si ma il problema rimane, come ci sono finito qui? A quale bivio non ho svoltato? Avevo una mappa? Un itinerario? Oppure ho lasciato che la folla mi spingesse nella sua direzione?

La prima cosa che istintivamente si fa è voltarsi indietro… caspita che ragnatela di strade e stradine! Plateiai e stenopoi si diramano e intersecano all’infinito e capisci solo adesso che tutti quei vicoli si andavano restringendo a imbuto man mano che ti ci addentravi, non era impossibile tornare indietro ma difficilissimo farci manovra. Per ognuna di loro c’era bisogno di una tassa di entrata, ecco… Per quella laggiù dovevo continuare gli studi, e si che a scuola ero una cima, ma come si fa a mettere un ragazzo di fronte ad un bivio? A sinistra ci sono i libri e 500 lire in tasca se non li spendi e a destra c’è un mondo pieno di vita che ti chiama a gran voce, Pinocchio ha venduto l’abbecedario per andare nel paese dei balocchi, e io che avevo meno di lui?

Per quell’altra bisognava far carriera nel lavoro, col mio caratterino ribelle e poco propenso alla sudditanza? Difficilina sta cosa anche se in effetti un lavoro stabile e soprattutto uno stipendio stabile e sicuro avrebbero potuto solo cambiare in meglio la mia vita. Per quella invece mi toccava sposare Genoveffa e per la traversa di fronte non dovevo sposarmi. Ah l’amore, quello strano sentimento che risiede fra l’esofago e la ragion pura, fatto di una materia biodegradabile che lo fa sciogliere alle prime lacrime autunnali (omissis).

Ogni singola strada principale, ogni quartiere, ogni singolo vicolo corrisponde ad una tua scelta o ad una scelta che qualcun altro ha fatto per te. Però, che strane creature siamo, imbocchiamo una nuova strada sempre con la stessa felicità ed euforia di un neonato che cerca di afferrare le farfalline che gli girano sopra la culla per poi sentirsi come un trapezista che al buio vola dall’altra parte con la speranza di trovare qualcuno che lo afferri.

Boh, col senno di poi siamo tutti grandi saggi ma sul momento chissà quali sono i meccanismi che ci portano al fare le nostre scelte di vita? Quelle che poi si ripercuoteranno sul nostro futuro e ovviamente sul futuro di chi di riflesso sarà influenzato dalle nostre scelte, gli antichi Greci ritenevano che il dio Fato era talmente potente e invincibile che anche gli dei erano alla sua mercé, ma quelle oramai sono storielle vecchie di tremila anni.

« Dite al re che sono crollate le corti sfarzose, Febo non abita più qui, non ha più lauro oracolare né sorgente che favella; l’acqua parlante si è ammutolita. »

Oddio, c’è sempre chi ancora oggi consulta la Sibilla ma oggi l’Oracolo di Delfi ha preso il nome di oroscopo, mi sono sempre chiesto come mai quel giorno che sono caduto con la mountain-bike tutti i capricorno non siano finiti all’ospedale per la stessa causa, sicuramente loro avevano letto l’oroscopo e si sono salvati, non c’è altra spiegazione.

Oggi siamo noi a creare il nostro Fatum, o meglio, principalmente noi con le nostre scelte e con il prezzo che sistematicamente diamo ad ogni nostra scelta, anche se, ahimè, spendiamo più energie nel dare un prezzo alle cose che per tentare di ottenerle, stiamo sempre lì ad affibbiare un valore a tutto, sopratutto ai sogni… magari per quelli la moneta si chiama coraggio, facciamo una stima di quel sogno e una volta stabilito valore e importanza ci accorgiamo che non abbiamo abbastanza temerarietà nel salvadanaio, facciamo spallucce e proseguiamo senza capire che potrebbe essere proprio quel sogno ad elargirci il mutuo per pagarlo, e chissà quante volte sarebbe bastato solo un piccolo obolo per imboccare una grande strada, nessuno ci ridarà tutte le vite che non abbiamo vissuto e nessuno ci perdonerà mai di non aver saputo cavalcare quel sogno.
Certo, capita anche che qualsiasi obolo versiamo quella sbarra non si alzi, se ne resta lì a precluderci il passaggio in attesa di chissà quale sacrificio o manufatto da inserire nell’incavo del muro manco fossimo Lara Croft, no, no, no, e che cazzo… vuoi una sigaretta? Bello sarebbe poter almeno vedere il trailer delle puntate successive per capire quale sarebbe la scelta di vita più giusta, ma è noto che all’inizio di ogni strada c’è solo la targa con il nome della via, nessuna posologia, nessun avvertimento sugli effetti collaterali, credo però che la cosa peggiore di tutte quando non si sa che direzione prendere sia quella di sedersi sul marciapiedi e aspettare quel qualcosa o qualcuno che ci indichi la via, magari una guida o magari quell’alba di un nuovo giorno che ci porterebbe nuova luce e nuova linfa, ma non sarebbe più semplice a quel punto andare verso est? Muoversi in direzione del sole senza aspettare che siano i suoi primi raggi ad arrivare da noi?
C’è anche da fare un’altra considerazione, non meno importante delle altre, qualcosa tipo il paradosso di Fermi con l’equazione di Drake, vabbè, lasciando perdere la fisica pura intendevo che a volte i punti segnati con la “X” sulla nostra mappa della vita risultano lontani non solo nello spazio ma anche nel tempo, quante volte si incontra la persona giusta nel momento sbagliato? E quante volte non abbiamo la maturità necessaria per sfruttare al meglio quel determinato evento?
Si sa, l’esperienza è quella cosa che si ottiene nel momento immediatamente successivo a quello in cui ti sarebbe servita, quell’insegnante crudele che prima ti fa l’esame e poi ti spiega la lezione, la vita esige audacia e occorrerebbe saper riconoscere e cogliere sempre ogni opportunità perché prima o poi passa quel tram che va nella nostra direzione ma non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare, tuttavia è solo dopo esser giunti a destinazione che la nostra vera natura si rivelerà in totum, ognuno di noi può essere un costruttore o un giardiniere, i primi passeranno anni di duro lavoro nel costruire la propria esistenza ma prima o poi ultimeranno l’edificio e se da un lato potranno godere della propria opera dall’altro se pur ben riparati da quelle quattro mura non avranno altri stimoli, diverranno dei pantofolai e di quella casa vivranno solo il divano, i giardinieri invece saranno costantemente impegnati sia nella costruzione del giardino che nel suo mantenimento, soffriranno le intemperie, subiranno pioggia vento e sole a picco, avranno costantemente delle faccende da sbrigare, l’erba che cresce, quel ramo da potare, quella pianta da concimare, saranno quotidianamente vincolati ma guadagneranno sempre una nuova primavera, godranno sempre dello sbocciare di un nuovo fiore.
La cosa fondamentale non è tanto il trovare quel giardino da progettare e accudire o quell’edificio da costruire, quel tesoro da trovare ad ogni costo si rivelerebbe sempre una pragmatica utopia, no la cosa più importante e rintracciare prima gli strumenti per scoprirlo e poi se non lo si trova pazienza, avremo almeno tentato, Katsumoto nell’ultimo samurai diceva che il fiore perfetto è una cosa rara, se si trascorresse la vita a cercarne uno non sarebbe una vita sprecata.
A conti fatti avrei potuto vivere mille vite diverse da questa ma per un milione di motivi mi ritrovo qui, e senza nessun preconcetto fatalista o determinista mi sa che sia proprio questa la migliore delle mie vite possibili, o per meglio dire, la migliore fra tutte le portate del menu, perché purtroppo il più delle volte falla come vuoi ma sempre lì vai a finire, la nostra vita dipende essenzialmente da tutti gli incroci possibili e immaginabili e da tutti gli eventi che si verificano in essa, ma capita che indipendentemente dagli eventi, dalle collisioni che il nostro Fatum subisce ci si ritroverà sempre e inevitabilmente nello stesso posto anche se da altre vie, che si riesca o meno a prendere quella metropolitana prima o poi incontreremo sempre quella stessa persona che raccoglierà quel nostro orecchino caduto in ascensore (Sliding doors), nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola.
Ora, siamo sinceri… quello che di sicuro farà la differenza per chi parte per il viaggio della vita è il tipo di calzature che si ritroverà ai piedi, se il Papy danaroso equivale ad un bel paio di pattini, un’altro sarà degli scarponcini da trekking, un’altro ancora un paio di scarpette…
Quasi quasi mi torna in mente quella pubblicità del caffè quando a farla c’era Tullio Solenghi, vi ricordate? Era in paradiso e vedeva tutti gli altri con un bel paio di ali, chiede a San Pietro (Riccardo Garrone) come averle anche lui e quest’ultimo lo indirizza all’Ufficio ali, torna con un paio di alette piccole e insignificanti e alla domanda di San Pietro; Ma come viene a volare? Risponde;
Nzommaaa volo, volo basso, radente… Pietro queste m’hanno dato.

Qualcuno ha visto le mie infradito da qualche parte? Eppure ero convinto di averle messe qui da qualche parte, e vabbè… pazienza!!

La maledizione dello spirito libero

A volte mi capita di destarmi dal sogno della realtà, apro gli occhi e mi ritrovo al di là delle nuvole, oltre l’arcobaleno, come quei cavalieri solitari che alla fine del film si incamminano verso il tramonto, lontano da ogni dogmatico qualunquismo e da quel mondo fatto di regole che non accetta nessuna eccezione. Perché  non esiste niente di più devastante per uno spirito libero del dover cercare un equilibrio nel fango dei condizionamenti, il suo posto è lassù dove nessuna catena potrà mai raggiungerlo, dove è sufficiente la sola forza della mente per dilaniare il tempo e lo spazio. Lo spirito libero è fatto di una materia diversa da quella delle sbarre di qualsiasi gabbia, distanza o tempo per lui sono solo gradini su cui danza verso un elevazione superiore, verso la felicità della libertà.Ma la libertà così come la felicità è una dea malvagia che reclama costantemente sacrifici al proprio altare, esige coraggio, a volte solitudine, comunque abnegazione, libertà e felicità ci insegnano che il loro contrario non è rassegnazione ma paura, quella stessa paura del diverso che fa impantanare nella pubblica morale tutti gli uomini poveri di spirito. Esseri zavorrati dal conformismo capaci solo di piccoli balzi, schiavi nell’anima, senza nessuna apparente catena al piede e senza nessuna ipotesi di libertà, incrociano la vita ogni giorno ma non la riconoscono e proseguono sulla strada del convenzionalismo, anime ancora inscatolate di cui si è perso il libretto d’istruzioni. È più deleterio che rischioso mettere un’impermeabile al cuore, da quelle parti le zip si incastrano facilmente e alla lunga potresti non riuscire più a toglierlo. Bisogna invece capire che dentro il petto di ogni uomo batte il cuore di Jonathan Livingston, il cuore di quello spirito libero rinchiuso in noi che prima o poi si sveglia e reclamando grandi spazi ti fa capire che dopo un esistenza spesa a cercare di cambiare la vita alla fine e stata lei a cambiare te, o per meglio dire, se ne è rimasta lì buona buona aspettando pazientemente che tu cambiassi per lei. Dobbiamo solo trovare il coraggio di incamminarci nella direzione dei nostri sogni senza aspettare che siano loro a venire da noi, ricordandoci sempre che mai nessun amore e nessun dolore potranno cambiarci, loro riescono solo a tirar fuori una parte di noi che non conoscevamo, quel che succede non è un cambiamento ma un evoluzione. Trovare il coraggio del Siddharta principe e dare ascolto a quella vocina impercettibile che si leva dai meandri più profondi dell’anima e ci impone di partire alla ricerca di noi stessi come una foglia secca alla mercé del primo alito di vento e non come corpi celesti subordinati a precise leggi fisiche. Solo lasciandosi andare si potrà cadere verso l’alto ritrovando quell’ancestrale e congenito piacere del volo libero. Quel sogno di Icaro va realizzato ma partendo sempre dal presupposto che ovunque si decida d’andare bisogna prima di tutto ricordarsi di mettere il proprio corpo nella valigia. Non è poi così difficile ritrovare noi stessi, è più difficile ritrovare l’accendino dentro la borsa di una donna che il nostro io interiore sulle mille strade della vita. Come seguaci di una dottrina olistica dobbiamo principalmente imparare ad armonizzarci con i nostri centri sensoriali e in seguito con quello che ci circonda, autoistruirci all’apprendere, in tutto quello che incontriamo durante il nostro tragitto rivediamo noi stessi, il nostro riflesso, il riflesso della somma delle nostre esperienze, le cose non si vedono per ciò che sono ma per ciò che siamo, bisogna capire cosa raccogliere durante il viaggio della vita, non è vero che tutto fa esperienza, ci son cose che alla fine si rivelano solo inutili fardelli e come tali tolgono spazio a quello che utile potrebbe essere. Non bisogna mai smettere di cercare, ma durante la ricerca dobbiamo anche e soprattutto poter capire quando è ora di fermarci per godere di ciò che abbiamo trovato perché la vita non è una semplice somma di anni ma di puri attimi e noi siamo qui e adesso. Se vuoi conoscere il tuo passato, sapere che cosa ti ha causato, allora osservati nel presente, che è l’effetto del passato. Se vuoi conoscere il tuo futuro, sapere che cosa ti porterà, allora osservati nel presente, che è la causa del futuro.

Dal vangelo secondo Bennato

Sono sempre stato allergico alla televisione, l’ho sempre definita un “arma di distrazione di massa”, magari è per questo che alle notizie ci arrivo sempre per altre vie. Forse è un bene, forse arrivandoci in maniera diversa e senza prefiltraggio ho modo di poter pensare, rifletterci su.

Stasera arrivo a casa e aprendo la mail mi ritrovo due notizie di quelle che farebbero incazzare chiunque… figuriamoci uno come me che incazzato c’è nato.La prima è tanto assurda quanto di normale amministrazione.
http://it.notizie.yahoo.com/raccolta-fondi-deputati-spesati.html
La “Casta” non fa beneficenza, succede a Catania, dove per partecipare ad un torneo di beneficenza tra le nazionali; magistrati, amministratori locali e parlamentari, questi ultimi hanno preteso che fossero totalmente spesati, viaggio, vitto e alloggio.
Tipiche facce da culo ho subito pensato, ma poi continuando a leggere vedo che a fine partita quando qualcuno gli ha chiesto un piccolo contributo per l’acquisto di tre carrozzelle per bimbi disabili hanno rifiutato, Rifiutato? Gente che viaggia a zero spese, gente che dichiara un reddito di 1 milione e 800 mila euro l’anno si rifiuta?
Niente e nessuno li obbligava, figuriamoci, ma cazzo… vergognatevi buffoni.La seconda notizia non cambia di tanto dalla prima.
http://it.omg.yahoo.com/blog/oh-my-music/bufera-sul-festival-di-sanremo-commissariato-114118457.html?nc
Festival di Sanremo commissariato, e perché? Per l’intervento di Celentano? E che avrà mai detto?
Apro YouTube e mi vado a rivedere il molleggiato nazionale… parla di preti che si occupano di politica e non di religione, dice che giornali inutili come “L’avvenire” e “Famiglia Cristiana” andrebbero chiusi, si chiede come è possibile che la Corte Costituzionale bocci una raccolta di 1 milione e 200 mila firme per due quesiti referendari, e che avrà mai detto?
La verità, è questa la sua unica colpa, quella di aver espresso il suo pensiero di libero cittadino, ma purtroppo viviamo in una favola, purtroppo Mangiafuoco era in ascolto…

“Ma se scopre che i fili non ce l’hai, se si accorge che il ballo non lo fai allora sono guai e te ne accorgerai, attento a quel che fai, attento ragazzo che chiama i suoi gendarmi e ti dichiarerà pazzo.”


Non riusciamo ancora a capire quanto spesse stiano diventando le barre delle nostre gabbiette, non riusciamo ancora a comprendere che ci stiamo avviando a grandi passi verso uno stato di regime fascista e totalitario.
Svegliamoci, è ora di ribadire che siamo noi i sovrani e non i sudditi, è ora di prendere a calci in culo ogni politico e prete che ci capiti davanti. E che non mi si accusi di essere troppo crudo, faccio già un grande sacrificio a scrivere “Calcio in culo” al posto di qualcos’altro.

Adoro le cose semplici

Adoro le cose semplici… La confortante apatia di certe domeniche mattina in cui il profumo di caffè si arrampica su quei primi raggi di s...