lunedì 3 marzo 2014

Per un pugno di ceci

Di cosa sono stati capaci di fare per sete di potere e di denaro nel corso dei secoli e tuttora oggi preti e Papi ne abbiamo sempre avuto coscienza, il tutto in nome di un Dio che non ha motivo di esistere e di un Cristo scopiazzato da cento altre religioni.
Quella che ci manca a mio modesto parere è invece la consapevolezza di quanto la brama di potere della chiesa si sia sempre contrapposta all’imperium laico fino a sfociare talvolta nel ridicolo.
Se i vari Re e Imperatori potevano sempre contare sulla forza persuasiva dei loro eserciti la chiesa dal canto suo disponeva di un’arma molto più potente e terrificante; il controllo delle menti, e la somma punizione per coloro che non si attenevano a tale controllo era la scomunica.
Una di quelle volte dove Re e Papa ebbero modo di scontrarsi fu la cosiddetta “Controversia Liparitana” purtroppo sconosciuta ai più, il contesto storico era quello degli ultimi anni della dominazione Spagnola (1516-1713), il regno di Sicilia godeva allora di un privilegio chiamato “Legatia Apostolica”, in virtù della bolla “Quia propter prudentiam tua”, concesso nel 1097 da papa Urbano II a Ruggero il Normanno, per ricompensarlo della cacciata degli arabi dalla Sicilia, in pratica il Pontefice riconosceva ai Re di Sicilia il diritto di amministrare anche in campo religioso in cambio ovviamente della riconversione di quella fetta di popolo ancora di religione Musulmana o Cristiana ortodossa, potere esteso a tutto il Regno certo ma con la sola esclusione di Lipari, ed è proprio qui che nasce il famoso casus belli.
Era il 22 gennaio dell’anno del Signore 1711, il vescovo di Lipari, monsignor Tedesco, aveva dato incarico al bottegaio Nicolò Buzzanca di vendere una partita di 800 gr. di ceci frutto di decime, ma come da prassi in quella botteguccia sulla piazzetta di Marina Corta entrarono due guardie di annona (al secolo Giovanbattista Tesoreri e Giacomo Cristò), eseguono la solita ispezione di routine e ravvisano che per quei ceci c’è da pagare il “Diritto di mostra” quantificato in 3 bajocchi.
Ovviamente dell’increscioso accadimento venne subito data notizia al vescovo di Lipari che ravvisandovi una violazione dei privilegi ecclesiastici comminò contro gli ufficiali regi la “scomunica maggiore” per violazione della bolla pontificia In coena domini.
E qui ritorniamo ai benefici di cui godevano gli isolani in virtù della già citata Legatia Apostolica, perché allora Ruggero il Normanno, avvalendosi di questa concessione papale, istituì il “Tribunale della Regia Monarchia” a cui attribuì l’esclusiva competenza su tutte le questioni ecclesiastiche siciliane senza nessuna ingerenza da parte della chiesa, ed è proprio a quel tribunale che le due guardie si rivolgono, tribunale che, forte dei suoi poteri, annulla il provvedimento di scomunica del vescovo eoliano.
Finisce qui? Ma assolutamente no, piuttosto è qui che comincia il bello.
Da buon servo della chiesa monsignor Tedesco si rivolge al suo tribunale, la “Congregazione dell’Immunità” che ribalta ancora una volta la sentenza dichiarando priva di efficacia (ex defectu jurisdictionis) la delibera del Tribunale della Regia Monarchia in virtù del fatto che il Re in materia di sacro non divide il potere ma lo esercita jure legationis.
A quella sentenza approvata dal Papa Clemente XI, il 18 luglio 1712 fa seguito una lettera dello stesso a tutti i vescovi della Sicilia ingiungendo loro di rendere pubblica la decisione.
Chiaramente tale decisione andava di fatto a cozzare con quelli che erano i Regi diritti della Legatia Apostolica e la conseguenza fu che il vicerè, marchese de los Balbases, destituì espulse o incarcerò ogni singolo vescovo che aveva osato obbedire al Papa, la risposta papale non si fece attendere a lungo, pochi giorni dopo arrivò la scomunica per il Re e per tutti i Siciliani con le ovvie ripercussioni sul piano sociale  come l’impossibilità di celebrare pubblicamente matrimoni, battesimi, funerali e seppellire i morti in terreno consacrato quali erano praticamente tutti i cimiteri nella Sicilia del settecento.
Palesemente non c’erano in ballo solo delle mere questioni personali ne tantomeno questioni di principio sui ceci, la posta in gioco era ben altra, quel privilegio concesso ai Re di Sicilia che la Chiesa voleva da sempre abolire e che a sua volta la nobiltà isolana non cedeva.
La Controversia Liparitana vedrà la parola fine solo il 30 agosto 1728 con la cosiddetta Concordia Benedettina, cioè la bolla di Papa Benedetto XIII Fidel ac prudenti dispensatori, concordata con l’imperatore Carlo VI, Re di Sicilia.
Mentre la Legatia Apostolica venne abolita soltanto nel 1871 con le Guaratigie.

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